Stagione invernale, in Trentino venduti skipass per 165 milioni
I dati dell'ultima stagione illustrati dall'Anef (associazione impiantisti) all'assemblea della Filt Cgil: un indotto sul turismo di circa 1,2 miliardi, ma in futuro sopravviveranno solo i caroselli più grandi. Il sindacato:«Costi in aumento per gestire le piste, personale in calo. Cosa accadrà quando nelle valli nevicherà sempre meno?»
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TRENTO. Settore funiviario in crescita ma con alcuni nodi da affrontare: dalla razionalizzazione degli investimenti alla carenza d'organico. Proprio per riflettere su questi temi si è svolta l'assemblea delle delegate e dei delegati della Filt Cgil del Trentino, un'occasione per ripensare al comparto trentino alla luce dei molti cambiamenti in atto, primo tra tutti quello climatico.
«Negli ultimi due anni - ha esordito Franco Pinna, segretario generale Filt del Trentino - abbiamo notato un aumento dei numeri delle persone che sono venute a sciare sulle nostre montagne in quella che potremmo definire una sorta di migrazione turistica verso Nord.
Molto di questo è dovuto anche ai cambiamenti climatici e alla carenza di neve in altre zone d'Italia. Questo genera una domanda: come si stanno attrezzando le aziende in Trentino? Cosa accadrà quando nelle valli nevicherà sempre meno?».
A intervenire ampiamente sul tema Michele Andreaus, docente di economica aziendale all'Università di Trento: «L'economia del territorio non è in crisi ma da segni di stanchezza da tenere sotto controllo. Il settore che va meglio in realtà è proprio quello dei trasporti, tra i quali quello funiviario. Ci sono però delle criticità da tenere sotto controllo, dalla carenza di organico agli enormi costi che le società sciistiche saranno costrette ad affrontare».
Rispetto al fattore lavoro, infatti, il numero delle nuove "leve" appare ben più ridotto rispetto ai pensionati, situazione che tende ad aggravarsi anche a causa del fatto che il Trentino è caratterizzato da aziende piccole con il prodursi di un basso valore aggiunto e una compressione dei costi produttivi.
A incidere però anche la questione formazione rispetto alle nuove tecnologie da cui l'esempio di paesi come la Cina in cui verranno coinvolti in questo cambiamento ben 50 milioni di lavoratori.
La questione però, come detto, è anche legata ai costi. Ad oggi gestire un chilometro di piste costa molto di più di trent'anni fa a causa dell'innevamento artificiale e della preparazione delle piste.
Da qui l'ipotesi, "gettata" alla platea anche dal vicepresidente della sezione trentina dell'Associazione nazionale esercenti funiviari Cristian Gasperi, di far sopravvivere, per così dire, solo i "pesci grossi", ossia le imprese di grandi dimensioni in grado di sopportare gli ingenti costi e chiudere il bilancio in positivo.
A fronte di questi ragionamenti di una cosa però si è certi, ossia dell'importanza del settore, che come confermato dagli ultimi dati illustrati da Gasperi, ha generato in Trentino sulle società aderenti ben 165 milioni derivati da skipass con un indotto sul turismo di circa 1,2 miliardi.
La razionalizzazione degli investimenti sul settore sembra quindi ormai una questione sul tavolo senza però mai dimenticare chi il lavoro lo sorregge dal basso: «Dobbiamo ambire a trovare un equilibrio con la produttività garantendo al lavoratore un miglioramento dei tempi di conciliazione tra vita e lavoro - ha ammonito Daniele Fuligni della segreteria nazionale Filt Cgil - I due pilastri devono essere il recupero del potere d'acquisto e poi impegno, con attenzione all'impianto normativo, sul miglioramento delle condizioni del lavoratore».