I fratelli Mascarello, due martiri dimenticati del nazismo in Tesino
A Franza, al confine con il Bellunese, la mattina del 13 gennaio 1945, Guerrino Gaio «Valasco», partigiano di Lamon, scese con circospezione, come al solito, verso la casa dei Mascarello, la famiglia trentina amica (dieci figli, orfani di madre, sei in giro per il mondo) che spesso lo ospitava in un remoto fienile nel bosco. Ma quel giorno laggiù c'era un silenzio preoccupante
A Franza, al confine con il Bellunese, la mattina del 13 gennaio 1945, Guerrino Gaio «Valasco», partigiano di Lamon, scese con circospezione, come al solito, verso la casa dei Mascarello, la famiglia trentina amica (dieci figli, orfani di madre, sei in giro per il mondo) che spesso lo ospitava in un remoto fienile nel bosco. Ma quel giorno laggiù c'era un silenzio preoccupante.
Si avvicinò al cortile e notò tracce di sangue: a pochi passi giacevano i corpi senza vita dei fratelli Ivo e Igino Mascarello, due ragazzi di 19 e 23 anni. Dentro trovò la loro sorella, Carmella, terrorizzata e sanguinante per le bastonate prese.
Fu lei a spiegare che una spia di Castel Tesino, il «Fagaro», aveva accompagnato fin lì i nazisti (Ss e miliziani del Corpo di sicurezza trentino, il Cst), forse per ripicca verso la ragazza che aveva respinto le sue avances. «I nazisti cercavano il partigiano "Valasco" ma né Igino né il più giovane Ivo rivelarono il nascondiglio e furono uccisi senza pietà», spiega lo storico Giuseppe Sittoni che menziona il tragico episodio nei suoi libri «Uomini e fatti del Gherlenda. La Resistenza nella Valsugana orientale e nel Bellunese» (2005) e «Sudditi. Fedeli e contro durante l'occupazione nazista» (2011). Dopo l'8 settembre 1943, le tre province dolomitiche furono annesse al terzo Reich con la creazione della Zona di operazioni delle Prealpi (Alpenvorland). I due Mascarello, con nome di battaglia «Gallo» e «Ivan», appoggiavano i giovani combattenti che dall'estate del 44 diede vita alla Resistenza nel Tesino (il battaglione «Gherlenda»), integrandosi nella solida brigata garibaldina «Gramsci», che dalla vicina Feltre inviò qualche decina di uomini in Trentino.
«Sulla tragedia dei Mascarello - commenta Sittoni - è calato inspiegabilmente il silenzio: niente commemorazioni, nessun riconoscimento. Quello stesso giorno, fra l'altro, i nazisti poi uccisero anche la spia, perché dubitarono della sua credibilità: dopo la mancata scoperta del covo partigiano, infatti, il "Fagaro" assicurò che avrebbe almeno accompagnato la pattuglia a recuperare le armi da un deposito dei "ribelli" a Lamon. Ma sul posto non trovarono nulla, perché i partigiani, insospettiti, lo avevano svuotato. E per la spia "inattendibile" fu la fine».
Un mese dopo, il 19 febbraio 1945 fu uccisa la partigiana appena diciottenne Ancilla Marighetto «Ora», durante un'imboscata del Cst a malga Valarica di sotto (passo Brocon) contro i superstiti del gruppetto trentino-bellunese. La violenza dell'occupazione nazista fece del Tesino (e dintorni) l'unica zona del Trentino per molti versi assimilabile alle aree ad elevata attività della Resistenza. Una scia di orrori, dai rastrellamenti dell'autunno 44 con le fucilazioni (anche di Clorinda Menguzzato «Veglia» e Giacomo Marighetto, padre di «Ora»), gli incendi di case, le spiate, le deportazioni (fra i morti, don Narciso Sordo e i fratelli Danilo e Tarcisio Ballerin), il terrore per i «ribelli» e chi li aiutava.