Si mangia sempre meno pane, aziende trentine dimezzate
Anche quest'anno le vendite del pane fresco in Trentino sono calate in modo significativo, con una contrazione dell'acquisto di prodotti da forno in linea con la diminuzione generale dei consumi registrata in tutta Italia
Anche quest'anno le vendite del pane fresco in Trentino sono calate in modo significativo, con una contrazione dell'acquisto di prodotti da forno in linea con la diminuzione generale dei consumi registrata in tutta Italia. Il dato, che mostra come la crisi economica in atto incida anche su una delle realtà produttive più radicate nella tradizione alimentare italiana, è emerso nella mattina di ieri, in occasione dell'assemblea ordinaria dell'Associazione provinciale dei panificatori trentini (Aspan). Stando a quanto riferito dal presidente Emanuele Bonafini, l'acquisto di pane di produzione giornaliera è sceso in un solo anno del 10 per cento. Malgrado la crescente richiesta di professionalizzazione da parte delle giovani generazioni, la difficile congiuntura del momento, associata all'affermazione dei generi a lunga conservazione o di surrogati industriali, si ripercuote infatti sul mercato dei generi alimentari freschi, mettendo a repentaglio la continuità di una professione storica. Per contrastare il fenomeno, i panificatori propongono la creazione di un marchio di tutela dei prodotti di qualità locale, la riscoperta dei cereali tipici del territorio alpino ed il perfezionamento dei percorsi di formazione per i ragazzi in possesso di diploma di operatore alberghiero.
«In soli dieci anni - ha detto Bonafini - le aziende trentine produttrici di pane fresco si sono quasi dimezzate, passando dalle duecento unità al centinaio attuale. Da anni ribadiamo la necessità di ricostituire un marchio di qualità (simile a quello conosciuto in passato con il motto «Il Trentino naturalmente»), che possa informare la popolazione sulla salubrità dei prodotti freschi in sostituzione di quelli a lunga conservazione. Una soluzione di questo tipo, che potrebbe comprendere anche altri generi quali i latticini ed i lavorati, consentirebbe di contrastare, sul piano del marketing, i surrogati industriali».
Oltre al marchio, Bonafini ha suggerito anche la riscoperta di sapori andati perduti nel tempo. In questo caso, si tratterebbe di avviare un'intesa con la Fondazione Edmund Mach di San Michele all'Adige per il recupero delle coltivazioni di cereali caratteristiche. «In Trentino - ha chiosato al riguardo Bonaffini - vi sono ancora molti terrazzamenti in disuso, dove venivano coltivati farro, avena, segale e orzo. Una riaffermazione di questa agricoltura consentirebbe di produrre alimenti della nostra tradizione, sostenendo al contempo la creazione di nuovi posti di lavoro e la ripresa dell'economia locale».
Infine, vi è la Scuola di arte bianca di Rovereto, che riscuote un gran successo tra i ragazzi (con un numero di domande di iscrizione annuale superiore al numero di posti fissati), ma ancora priva di una sede definitiva. In merito, il presidente ha chiesto un impegno dell'amministrazione provinciale per la definizione degli spazi da riservare all'insegnamento della panificazione. «Investire in formazione - ha detto - significa garantire una continuità della professione, dando un lavoro certo ai ragazzi».
All'assemblea di ieri, tenutasi a Villa Madruzzo, era presente anche il presidente della Federazione panificatori italiani Roberto Capello e il presidente dell'Aspan altoatesina Sandro Pellegrini, per discuter