Insalata regina della pigrizia in cucina. Agli italiani piace soprattutto quella in busta
Piace agli italiani acquistare piatti già pronti da mangiare per strada o a casa, sono comodi, fanno risparmiare tempo in cucina e sono una valida alternativa alla ristorazione veloce. Un mondo in ascesa, dove a farla da padrona sono le insalate in busta, già pulite, tagliate, lavate e pronte all’uso, i cui consumi per la prima volta, da gennaio di quest’anno, hanno superato quelle sfuse. E la forbice continua ad allargarsi su un prodotto parte integrante della dieta di oltre 18 milioni di famiglie italiane.
A dirlo sono gli ultimi dati Nielsen secondo i quali nel corso dell’anno ci sono 300 mila famiglie in più che acquistano insalate di IV gamma, sottoposti a nuovi parametri igienico-sanitari e a etichette più trasparenti dall’agosto scorso, in aumento del 2,7% nei primi 5 mesi del 2015 rispetto allo stesso periodo del 2014, quasi 90 mila tonnellate per un valore totale di oltre 633 milioni di euro (+1,5%). Un trend che non accenna a diminuire, nonostante i prezzi elevati che possono lievitare fino al 200%; un mercato che oggi vale quasi un miliardo di euro in Italia, con oltre 200 aziende produttrici.
Tutto questo a scapito del consumo della verdura sfusa, in calo tra il 5% e il 7% nei negozi tradizionali e nei mercati rionali, i cui costi oscillano intorno a 1,5 euro/kg. Insalate pronte in ascesa ma non solo, perchè secondo la top ten stilata nel Rapporto Coop 2015, a crescere nell’ultimo anno sono tutti i prodotti pronti: le focacce confezionate (+146%), i cibi di soia (+62%), i prodotti senza glutine (+50%), pollo e coniglio (+40%), le bevande alla soia (+27%), gli integratori dietetici (+22%), gli snacks di cioccolato (+10%). Quanto alle differenze nutrizionali tra insalate fresche e in busta, il ricercatore del Crea, Mauro Serafini, spiega che in base all’unico studio europeo condotto nel 2002 sulla lattuga, in quella conservata si assiste ad una diminuzione di sostanze antiossidanti, vitamina C, carotenoidi e flavonoidi. Dati che non scoraggiano i consumatori che, secondo una ricerca Coldiretti/Censis, trascorrono in cucina appena 56 minuti al giorno durante la settimana. È una questione di maggior valore che si dà al proprio tempo, spiega Carlo Alberto Pratesi, docente dell’Università Roma Tre, i 5 minuti per pulire l’insalata valgono il prezzo in più che si paga, per non parlare anche dell’aspetto ambientali, visto che gli scarti del prodotto pronto sono destinati come sottoprodotti nell’industria mangimistica o alla conversione energetica in impianti di produzione del biogas.
Fanno risparmiare tempo le insalate in busta pronte all’uso ma a livello nutrizionale possono perdere alcune sostanze presenti nel prodotto fresco. A parlare è il ricercatore del Crea, Mauro Serafini, responsabile del laboratorio Alimenti e prevenzione stress metabolico, che fa riferimento all’unico studio europeo sul tema rimasto tutt’ora il riferimento in letteratura. “A oggi manca una sperimentazione aggiornata in grado di misurare l’apporto nutrizionale dei due tipi di prodotti sull’uomo - spiega all’ANSA il ricercatore - l’unico studio risale al 2002 condotto da un gruppo di ricercatori dell’allora Inran, l’Istituto nazionale di ricerca per gli alimenti e la nutrizione, e pubblicato sul British Journal of Nutrition”. Lo studio aveva coinvolto 11 volontari, ai quali era stata somministrata della lattuga fresca appena colta dal campo e, tre giorni dopo, la stessa lattuga conservata in atmosfera modificata. “Le rilevazioni avevano accertato che con la lattuga conservata in atmosfera modificata - spiega Serafini - non si verificava alcun aumento di vitamina C, carotenoidi e flavonoidi, tutte sostanze bioattive ad azione antiossidante che invece venivano rinvenute negli stessi volontari dopo l’ingestione di lattuga fresca, con il conseguente miglioramento delle potenzialità che molto spesso sono la ragione di consumo della verdura”.
In pratica, secondo la ricerca, è il processo di conservazione in atmosfera modificata che fa perdere i valori nutritivi e antiossidanti, visto che non permette alle insalate di ‘respirarè. “Certo - conclude Serafini - è meglio consumare il prodotto fresco in base anche i principi della Dieta mediterranea ma ben vengano comunque questi prodotti nei momenti di emergenza per mancanza di tempo”.