Sul cammino di Santiago verso la fine del mondo
Non so perché si parta.
Le motivazioni sul Cammino di Santiago sono tante. E tra le più svariate.
C’è chi intraprende il viaggio perché non ce la faceva più.
Chi è partito e non si è più fermato.
Chi si è licenziato dal lavoro, chi per dimenticare un amore finito, chi per fede, ma soprattutto per seguire quel desiderio di avventura che ci fa sentire uniti e vivi come non mai.
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Il Cammino va avanti, da secoli, passo dopo passo, per migliaia di pellegrini che cercano quel qualcosa, tra i Pirenei e l’Oceano Atlantico. Io sono partito perché era il momento giusto di partire.
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A volte mi preoccupo troppo. E invece. Quello che ho capito, nel profondo, è che ognuno fa il suo cammino. Un cammino che, in ogni sguardo, incontro o situazione, ti chiama e sorprende. Perché, qui, zaino in spalla e cuore leggero, sai che la strada è sempre pronta a regalare emozioni e paesaggi strepitosi.
Perché, qui, tra sacchi a pelo, ostelli, rifugi d’emergenza, amicizie improvvise ed infortuni di viaggio, il Cammino è totalmente diverso di giorno in giorno e di persona in persona. Si può ridere come bambini, dopo 30 km e due birre bevute in compagnia, e sentire come la stanchezza si mischi alla felicità. O piangere senza vergogna per un’emozione improvvisa, con i brividi che galoppano lungo la schiena.
Perché quando si sale all’Alto del Perdón, il crocevia dove il cammino del vento incontra quello delle stelle, non puoi che guardare il cielo.
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E quando si lascia cadere il sassolino ai piedi della Cruz de Hierro non puoi che esprimere un desiderio, facendo tuo un gesto antico. Quattro diverse regioni attraversate, decine di città, centinaia di chilometri, migliaia di paesaggi, una marea di volti. E le storie di chi li indossa, gente in cammino, cercando tra i passi il senso di un’esperienza che ognuno compie per una ragione e vorrebbe rifare per altri mille motivi che scopre dopo una traversata solitaria tra pensieri intimi e inconsapevolezze inattese.
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Il vero pellegrinaggio non esiste, se voi siete felici quello sarà il vostro vero pellegrinaggio. Perché a San Juan de Ortega è bastato davvero poco per esserlo. Con le caviglie doloranti, dopo un bosco infinito, un ragazzo è pronto a darti la sua bici e continuare lui a piedi fino al monastero.
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E a Grañón pure, quando, sfinito, vieni accolto nel campanile della chiesa. E mentre cammini guardi avanti, voltandoti ogni tanto solo per vedere la strada percorsa, le difficoltà lasciate alle spalle. Davanti a noi c’è un mondo immenso da scoprire. Cammini e basta, canticchiando canzoni di Manu Chao o godendoti preziosi silenzi tra i campi sterminati di grano, assieme a coreani, spagnoli, italiani e americani.
Sul cammino non si è mai da soli. Come nella vita. Il Cammino è un mondo a parte, certo. Sospeso, custodisce un’umanità sempre più difficile da trovare. Ci ha pensato don Fabio, incontrato nella cattedrale di Santiago, a darci speranza e schiaffoni al tempo stesso, parlando della vita straordinaria del cammino da contrapporre alla vita ordinaria. Troppo facile stare in pace sulla via per Santiago, il difficile viene con la routine, con la burocrazia, con l’adagiarsi.
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E invita tutti a partecipare alla comunione. Quella comunione che durante il cammino vivi, in maniera così naturale, continuamente con gli altri. A volte con un abbraccio. Un cinque. Un sorriso. O quello stesso dolore, a quei tendini che neanche pensavi di avere e che ora tirano come dannati. E intanto i nidi delle cicogne, in magico equilibrio sulle chiese, lasciano il posto ai boschi della Galizia, e poi agli schiamazzi dei gabbiani.
A Santiago il cuore si riempie, quando varchi piazza Obradoiro e molli lo zaino a terra, accompagnato dalle note di un musicista di strada. E quando arrivi a Finis Terrae, alla fine del mondo, il respiro sa di assoluto.
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La spuma salata incrocia l’umidità della pioggia. Stai lì due ore, mentre aspetti incantato che quella sfera infuocata scompaia lentamente inghiottita dalla linea dell’orizzonte. Qui, nel punto più occidentale d’Europa, gli antichi pensavano il sole andasse a morire.
E poi c’è lui, l’Oceano, energia allo stato puro. Il vento, le rocce, le correnti. Che rimandano ad antichi racconti di pescatori e naufragi di velieri. Le conchiglie, che ti hanno accompagnato fin qui. Il silenzio. E una piccola bussola da regalare a lei.
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Ultreia y suseia.