Sanità, un italiano su due paga le cure di tasca propria
Si stima che nel 2016 oltre 1 italiano su 2 (oltre 35 milioni, di cui due terzi a basso o medio reddito o con delle fragilità come malattie croniche o non autosufficienza) abbia dovuto affrontare spese sanitarie di tasca propria per l’acquisto di servizi e prestazioni mediche, per una spesa complessiva di 39,5 miliardi.
Di questi, solo 5 miliardi (poco meno del 13%), sono stati «intermediati» da Forme Sanitarie Integrative.
Questo uno dei dati diffusi al convegno «Sanità tra Equità ed Equilibrio», organizzato dall’Associazione Aprom (Associazione per il progresso del Mezzogiorno) e Rbm Assicurazione Salute.
«Le modifiche demografiche della popolazione italiana - ha sottolineato Marco Vecchietti, Amministratore Delegato e Direttore Generale di Rbm Assicurazione Salute -, l’aumento della longevità, l’evoluzione tecnologica e i nuovi farmaci, mettono sempre più a rischio la sostenibilità del sistema sanitario del nostro Paese, sia dal punto di vista finanziario (secondo le ultime stime della Ragioneria Generale dello Stato, da qui al 2025 saranno necessari dai 20 ai 30 miliardi di euro aggiuntivi), sia in un’ottica di mantenimento di un’adeguata capacità assistenziale. Inoltre, la crescente cronicizzazione delle malattie e l’incremento del tasso di dipendenza impongono di identificare modelli organizzativi e di servizio per rispondere con efficacia ai »nuovi« bisogni di cura».
In un servizio sanitario nazionale sempre più a rischio «collasso», sia in termini di sostenibilità che di uguaglianza, gli occhi sono puntati sul Mezzogiorno di Italia.
«Oggi c’è un attacco diretto alla persona - ha detto Pasquale dell’Aversana, presidente pro tempore dell’Aprom -. La sanità del sud è ridotta al macero. Quando il 12% della popolazione, soprattutto al Sud, non è in grado di curarsi, non è più tutelata dallo stato, vuol dire che è iniziata un’operazione molto grave, che lo Stato sta abbandonando le persone. E i più deboli sono quelli che soccombono prima».