«Gay, non è via per felicità» Polemiche su vescovo Pavia
«La tendenza omosessuale non è un peccato ma certamente è qualcosa di disordinato rispetto all’ordine della natura. Non sarà quella la strada che ti fa felice»: queste parole del vescovo di Pavia Corrado Sanguineti, pronunciate lo scorso 7 marzo in un incontro in una scuola superiore, hanno infiammato le polemiche e alzato un vespaio di critiche.
A partire da quelle della presidente di Arcigay Pavia Coming-Out, Barbara Bassani, che ha definito quelle di Sanguineti «parole come pietre scagliate contro adolescenti da parte del massimo rappresentante della chiesa pavese» senza alcun contradditorio.
«Il vescovo Sanguineti ha superato il limite della decenza» ha aggiunto nel post su Facebook dove è stato caricato anche l’audio dell’intervento del vescovo e in cui ha invitato tutti i ragazzi e le ragazze delle scuole pavesi al gay pride del 9 giugno.
All’incontro monsignor Sanguineti ha osservato che «ci sono anche degli omosessuali cristiani che magari con fatica accettano di dire: sono in questa condizione, non la voglio. Accetto di non assecondare questo orientamento, di viverlo come un affetto, un’amicizia, di non dargli una stabilità sessuale».
E ha raccontato di un suo amico «che dice di essere omosessuale e ha cominciato a vivere con un uomo e io gli ho detto: guarda io questa scelta tua non la condivido, non credo che ti farà felice».
C’è poi la questione dei bambini di coppie omosessuali, argomento in cui ha invitato a non «violentare la realtà».
«Al vescovo Sanguineti - ha replicato anche Cammini di speranza, associazione nazionale persone Lgbt cristiane pronta a un confronto con Sanguineti - vogliamo ricordare che noi, persone omosessuali possiamo essere felici o infelici come e quanto chiunque altro. Il nostro orientamento sessuale e la nostra affettività non ci escludono dal poter aspirare allo sviluppo di un’esistenza piena e ricca di feconda progettualità».
La risposta di Sanguineti è arrivata sotto forma di una lettera pubblicata oggi dalla «Provincia paves».
«La prima cosa che ho sottolineato - ha sottolineato il vescovo - è che ovviamente si tratta di ‘personè, che in quanto tali vanno rispettate, e che ogni persona, sia omosessuale, che eterosessuale, è molto di più del suo orientamento sessuale: ogni persona è mistero e non può essere ridotta a un solo aspetto della sua vita. Non mi sembrano espressione di “odio transfobico”!». E nel caso di fecondazione eterologa o maternità surrogata, «ho espresso la mia preoccupazione per il soggetto più debole, che è il bambino».
«Non ho mai detto che tutti gli omosessuali sono destinati all’infelicità» ha proseguito aggiungendo che l’amico di cui ha citato il caso «rimane un grande amico» e «non vengono meno il mio affetto e la mia stima per lui». «Se questa è omofobia - ha concluso -, lascio giudicare ai lettori».