Dialetto calabrese? In 17mega È «confezionato» a Gardolo
Nel 2007 aveva dato vita al monumentale «Dizionario delle Cinque Calabrie più due», un tomo di 1.076 pagine con l’intera parlata dialettale calabrese. Stiamo parlando del cavalier Gregorino Capano, di San Sostene (vicino Catanzaro) ma ormai trentino d’adozione: vive infatti a Gardolo da quarant’anni; una vita passata nella guardia di finanza dove raggiunse il grado di maresciallo capo.
Ora il cavalier Capano ha deciso di rilanciare quel suo lavoro originario: «Ho scritto una riedizione» spiega. Ma più che di una riedizione, si tratta di un ampliamento immane: «Se fosse stampato come il primo libro, peserebbe circa 10 chili». Troppo costoso metterlo su carta. Cinquemila pagine compongono così un file pdf da 17 mega, con 458.000 lemmi dialettali tradotti in italiano.
Un antidoto alla nostalgia per i calabresi sparsi nel mondo, dal Trentino agli Stati Uniti, dove Capano si è recato proprio per raccogliere l’idioma originale, rimasto scevro da contaminazioni solo oltre Atlantico. Un lavoro fatto per pura passione: «Ho impiegato anni per dare forma a un dizionario calabrese-italiano e viceversa, ma non solo. Ho raccolto ad esempio 3.300 proverbi locali, scovando storie sui miei luoghi di infanzia, ho aggiunto soprannomi del paese e mie poesie in vernacolo».
Una miniera di storie: dai bronzi di Riace all’excursus sul brigantaggio, alla scoperta di un vulcano spento nella zona di San Sostene («ma spento mica tanto - spiega Capano - in passato le croci in legno poste sulla cima del monte finivano bruciate, eppure oggi l’attività di quel luogo non sembra considerata in nessuna carta tematica»). E poi i mestieri, declinati nella Calabria ionica da cui Capano se ne andò ad appena 15 anni per cercare lavoro al Nord.
Ma il legame con la propria terra non è mai finito: oggi, da pensionato, torna spesso nella casa di famiglia con la moglie per dedicarsi ai campi. Quei campi che in Calabria sono Storia. L’autore snocciola racconti di tradizioni passate: «In riva allo Ionio si usava la ginestra per fare tessuti. E le donne tenevano i bachi da seta fra i seni per mantenerli caldi. I molini ad acqua? Vennero portati per la prima volta nella nostra penisola da un turco, un episodio che avvenne nell’odierna Calabria. Questi sono solo alcuni esempi di quanto ho raccolto. A San Sostene il libro è richiesto» spiega Capano, chiamato a dare lezioni di dialetto nelle scuole ma anche a feste e sagre paesane.
«Il 16 aprile l’ho messo su Amazon dopo un lungo lavoro per adattarlo nel formato informatico, per il quale ringrazio gli amici della Computer System di Trento. Senza i loro consigli sarebbe stato impossibile per me impaginare».
Domande di acquisto stanno arrivando da Boston e da tutti gli States: lì i discendenti calabresi non mancano. Il calabrese è una lingua frutto di decine di contaminazioni: arabe, greche, latine, francesi, spagnole e persino tedesche. Per questo Capano ha proposto il volume alla Provincia, «ma non ha riscosso interesse, idem con la Cassa Rurale e questo un po’ mi dispiace» ammette, anche se i suoi primi volumi sono finiti nel catalogo della biblioteca di Trento sotto la voce «autore trentino», un appellativo a cui Capano tiene particolarmente.