Marco e l’impresa per la sclerosi multipla, 6mila km a piedi
Dopo aver percorso 6mila chilometri a piedi, viaggiando per 259 giorni in 18 Regioni italiane, torna a casa, a Genova, domani il “Forrest Gump” della sclerosi multipla Marco Togni. Così infatti è stato denominato, perché come Forrest ha intrapreso un cammino a piedi, l’ingegnere 37enne volontario dell’Associazione Italiana Sclerosi Multipla (Aism), che non ha la malattia, ma ne ha fatto la sua causa mettendo ‘in pausa’ la propria vita per un anno. Camminando con uno zaino e la Carta dei Diritti delle persone con sclerosi multipla, chiede di essere ricevuto da sindaci e assessori dei comuni italiani, a cui parla di malattia, inclusione, diritti.
È partito da Genova il 17 marzo e ora vi ritorna. La sua “marcia di solidarietà” è dedicata alle persone che non possono più muoversi: Marco le porta con sé, in un dialogo continuo sul gruppo Facebook #Osky4AISM. Il nickname è Osky ma lo hanno definito il Forrest Gump della sclerosi multipla: ad aspettarlo alla sezione genovese di Aism, il presidente nazionale Francesco Vacca, il vice sindaco di Genova, Stefano Balleari insieme a cui aveva percorso i primi passi del viaggio, la presidente della sezione provinciale di Genova Enza Costa e quella del coordinamento regionale Liguria Patrizia Aytano, volontari e cittadini. «È’ difficile - spiega Togni - far capire cosa sia la sclerosi multipla, benché sia una malattia tanto vicina a ciascuno di noi. Si può sconfiggere questa patologia anche informando, sensibilizzando, non si può solo sperare che il futuro sia migliore. Bisogna lavorare affinché ciò avvenga».
Sono oltre 200 i comuni italiani che lo hanno ricevuto e scelto di condividere la Carta dei Diritti delle persone con sclerosi multipla, malattia che colpisce 122mila persone in Italia, con una diagnosi ogni tre ore, cronica e complessa, per la quale ancora una cura definitiva non esiste. «Sono i grandi sconosciuti come Marco - conclude Francesco Vacca, presidente Aism - a fare la differenza. Persone così ci ricordano che possiamo essere più forti, più determinati, più grandi della nostra malattia».