La quarantena di Woody Allen: tapis roulant e scrittura
Un film ispirato al lockdown? "Ah, no! E' il contrario di un tema che mi ispira. Ed è anche del tutto scoraggiante. Continuo a chiedermi quali saranno le conseguenze sulla vita sociale, sul teatro, sul cinema...riapriranno mai?": Woody Allen, in esclusiva al settimanale Le Point in edicola domani, racconta il suo lockdown a New York e torna sulle polemiche suscitate dal suo libro di memorie "A proposito di niente", in uscita in Francia il 2 giugno dopo essere stato a lungo bloccato.
La quarantena del regista si svolge "fra quattro mura - racconta l'autore di 'Manhattan' e 'Io e Annie' - e non fa una grande differenza con la mia vita precedente. Mi sveglio ogni mattina e lavoro alla sceneggiatura di un film o al copione di una pièce di teatro. La vera differenza, e, diciamolo pure, il baratro, è che per mia moglie e per me, alla fine della giornata, invece di uscire, non c'è nient'altro da fare che guardare la tv, leggere o fare il tapis roulant. Sì, il tapis roulant. Diciamo che stiamo vivendo un incubo un po' surrealista".
Woody Allen paragona le accuse di molestie sessuali nei suoi confronti al clima del maccartismo in America: "era un'epoca in cui si poteva denunciare il proprio vicino con un'accusa fondata assolutamente sul nulla, e sulla quale non serviva proprio a niente dimostrare la falsità. Oggi non siamo a questo, ma c'è qualche elemento che lo ricorda. Me lo ricordo un po', perché quando ero bambino si veniva a sapere che un tizio aveva perso il lavoro senza potersi neppure difendere da ciò di cui lo si accusava. L'accusa equivaleva alla colpevolezza e alla sentenza.
E' ingiusto, accade in tutte le epoche e, grazie a Dio, ripeto, non siamo ancora al maccartismo. Non sono stato buttato in prigione come tanti artisti e scienziati, ma parlo di questo perché ne sento un vago odore".