A Rovereto le prime cure del Covid con anticorpi monoclonali: ecco com’è andata
Il pronto soccorso del Santa Maria del Carmine fa da apripista, poi il protocollo si estenderà a tutto il Trentino. Il primario Malalan: «Andiamo avanti con quattro pazienti al giorno»
GOVERNO Obbligo di vaccino solo per gli operatori sanitari a contatto con i pazienti
VACCINI Il Trentino accelera: ecco il nuovo piano.
ROVERETO - Anche in Trentino, a Rovereto, ieri sono stati somministrati i primi anticorpi monoclonali come cura contro il Covid-19. Li hanno ricevuti in prima mattinata due pazienti (una donna di Trento e un uomo della Valle dei laghi, entrambi con più di 65 anni) accolti al pronto soccorso del Santa Maria del Carmine, dov'è stato allestito un apposito spazio in cui potranno essere trattati con questa cura fino a quattro persone al giorno. «In questo primo giorno è andato tutto bene» racconta il primario del reparto d'emergenza, Fabio Malalan, che ha passato i tre giorni precedenti a preparare questo momento insieme alla dottoressa Susanna Cozzio, primario della medicina interna a Rovereto, ed ai suoi collaboratori. Ma in questo progetto pilota, che fa da apripista anche agli altri pronto soccorsi del Trentino, è coinvolta anche la medicina del territorio e naturalmente il servizio di farmacia dell'ospedale.
«Il pronto soccorso non ha, tra le sue mission, quella di programmare l'attività, noi facciamo emergenza - spiega ancora Malalan - ma in questo contesto epidemiologico abbiamo riflettuto sul fatto che ognuno deve fare la sua parte, anche uscendo dal proprio ambito, pur di dare una mano. Proprio come l'anno scorso a marzo, quando ci siamo reinventati per andare a fare le ecografie e gestire l'epidemia nelle case di riposo, ora abbiamo dato la nostra disponibilità per somministrare gli anticorpi monoclonari».
Ecco come funziona: il medico di medicina generale segnala i potenziali candidati a ricevere gli anticorpi monoclonari alla medicina del territorio. Sono malati Covid che hanno contratto il virus da poco, da meno di dieci giorni, hanno sintomi lievi o moderati ma sono potenzialmente a rischio per alcuni fattori come l'obesità per esempio. A dare il via libera alla cura è poi il medico infettivologo o di medicina interna. Quindi i pazienti arrivano in pronto soccorso al mattino e qui, in uno spazio con due poltrone, viene effettuata l'infusione degli anticorpi che può durare dai 20 ai 40 minuti e deve avvenire in contesto ospedaliero proprio perché il malato deve rimanere sotto osservazione per circa un'ora.
Poter curare alcuni pazienti con gli anticorpi monoclonali rappresenta un altro passo avanti nella lotta al Covid in Trentino, perché questa soluzione dovrebbe ridurre ulteriormente i ricoveri. A riceverli infatti sono persone che rischiano di aggravarsi per colpa del virus, mentre in questo modo dovrebbero manifestare sintomi molto più lievi. «Non si tratta di una sperimentazione - precisa Malalan - perché l'efficacia di questa cura è già stata sperimentata. Noi come pronto soccorso, in collaborazione con la squadra della dottoressa Cozzio, ci siamo resi disponibili per capire se può essere funzionare questa organizzazione. L'idea è di somministrare gli anticorpi a quattro persone al giorno, in due fasce mattutine, in modo che questa attività non sia troppo impattante per il resto del lavoro che ha un pronto soccorso».
Se funzionerà il modello roveretano, verrà poi esteso agli altre strutture d'emergenza in Trentino. «In questi giorni abbiamo registrato qualche malato Covid in meno in pronto soccorso, speriamo che sia la tendenza» conclude Malalan.