Pertosse, in Trentino finora ottanta casi registrati: vaccino anche per i familiari dei neonati
Finora quest'anno leggero incremento rispetto alla media, Maria Grazia Zuccali, direttrice del dipartimento prevenzione Apss: malattia infettiva di origine batterica molto contagiosa che può avere consegunze respiratorie molto gravi
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TRENTO. Nei giorni scorsi l'assessore alla salute del Veneto aveva reso noti i numeri dei casi di pertosse in Veneto (643) facendo presente che la Direzione prevenzione stava monitorando con particolare attenzione la situazione.
E in Trentino? Da noi al momento la situazione sembra relativamente sotto controllo, anche se i numeri sono in aumento. I casi totali ad oggi in provincia sono stati 80, di cui 61 nel primo semestre e 19 nel secondo semestre (la media degli anni scorsi era di 50-60 casi all'anno). Da inizio anno ci sono stati tre neonati ricoverati in ospedale, di cui uno in terapia intensiva. Tutti casi che si sono verificati tra aprile e marzo.
Per la dottoressa Maria Grazia Zuccali, direttrice del dipartimento di Prevenzione dell'Apss, bisogna comunque tenere alta la guardia.
«Va detto che i numeri risentono molto della sensibilità di chi è chiamato a segnalare. Quando ci sono ricoveri in ospedale la segnalazione è automatica mentre negli altri casi è il medico di medicina generale o il pediatra a doversi far carico della segnalazione. Dopo la diagnosi clinica, la patologia deve essere poi confermata da un esame di laboratorio».
È una malattia infettiva di origine batterica molto contagiosa. Il batterio della pertosse causa infezioni alle vie respiratorie che possono essere anche estremamente gravi, specie per i neonati. «I ricoveri hanno riguardato neonati con meno di tre mesi e che dunque non erano stati ancora vaccinati».
La copertura vaccinale per questo tipo di malattia in Trentino è buona, soprattutto a 2 anni.
«É sopra il 95% ma poi inizia a calare con il richiamo a sei anni e ancora più perdiamo con il richiamo a 14 anni», spiega la dottoressa Zuccali che invita a vaccinarsi soprattutto le donne in gravidanza e i familiari che rimarranno vicini al neonato nei primi mesi dalla nascita. «Consigliamo alle donna di vaccinarsi tra la 27esima e la 32esima settimana di gravidanza, così come consigliamo il vaccino ai papà, ai fratelli e ai nonni», conclude la dottoressa Zuccali che spiega che la vaccinazione andrebbe fatta ad ogni gravidanza e anche agli operatori sanitari, questi ogni 10 anni, specie se hanno contatti con i neonati.