Berruto: «Birarelli è il nuovo capitano»
Il coach della nazionale di volley maschile Mauro Berruto ha affidato a un post sul proprio sito una riflessione divisa in tre punti. Nel primo il ringraziamento a Christian Savani, ex capitano di mille battaglie che ha lasciato i colori azzurri. Nel secondo ha chiesto rispetto per due piazze storiche del volley italiano (non le nomina, ma sono ovviamente Cuneo e Piacenza). Infine nel terzo incorona il centrale di Trentino Volley Birarelli nuovo capitano azzurro. Ecco la sua lettera aperta
Il coach della nazionale di volley maschile Mauro Berruto ha affidato a un post sul proprio sito una riflessione divisa in tre punti. Nel primo il ringraziamento a Christian Savani, ex capitano di mille battaglie che ha lasciato i colori azzurri. Nel secondo ha chiesto rispetto per due piazze storiche del volley italiano (non le nomina, ma sono ovviamente Cuneo e Piacenza). Infine, nel terzo, incorona il centrale di Trentino Volley Birarelli nuovo capitano azzurro. Ecco la sua lettera aperta.
DAL SITO DI BERRUTO
Voglio dire tre cose prima che parta in maniera definitiva la nostra stagione, in un’estate che metterà insieme due obiettivi giganteschi: le finali di World League in Italia e il Mondiale in Polonia.Tre cose, così per chiarezza.
La prima.
Per la prima volta da quando alleno la Squadra Nazionale non ho scritto il nome di Cristian Savani nella lista consegnata alla Federazione Internazionale. Quel nome c’era sempre stato e sempre con la “K” di capitano al suo fianco. Quando un allenatore sceglie un capitano ci pensa bene, eccome. Il capitano non è certo “d’ufficio” il più vecchio, quello che gioca sempre titolare, quello che ha più presenze o cose del genere. Il capitano è colui nel quale la Squadra deve rappresentarsi. Cristian è stato il capitano della mia squadra da quando ho incominciato questa avventura in azzurro. Lo è stato nei momenti belli e in quelli complicati. Lo è stato quando eravamo d’accordo e quando abbiamo avuto discussioni. Si è presentato con me in sala stampa dopo tutte le vittorie di cui essere orgogliosi così come dopo quel tipo di sconfitte che … preferiresti essere da un’altra parte. Invece sei lì, a rispondere, proprio perché sei il CT o il capitano. Cristian a ottobre mi ha comunicato la sua intenzione di lasciare la Squadra Nazionale, ne abbiamo parlato a lungo. Ne abbiamo parlato con grande serenità, rispetto e, soprattutto, riconoscenza reciproca. Non ha cambiato idea e, naturalmente, ne aveva il diritto. Ha voluto comunicare la sua decisione con una bella lettera che ho letto alla squadra in uno spogliatoio a Tokyo, al termine della Grand Champions Cup. Naturalmente tutto questo è stato (ed è tuttora) estremamente riservato a chi era in quello spogliatoio perché se capisco che la Squadra Nazionale abbia dei doveri di comunicare alcune delle cose che succedono al suo interno, voi capirete che una Squadra è tale solo se è capace di tenere esclusivamente per sé alcune di queste cose che succedono. Siamo alle porte della stagione 2014, con due obiettivi che non capitano spesso nella carriera di un tecnico o di un atleta. E prima che questa stagioni inizi io voglio ringraziare Cristian, di cuore. Non per le sue qualità di atleta, perché quelle sono facili da riconoscere. Lo voglio ringraziare per quello che ha dato alla maglia azzurra fuori dagli 81 metri quadrati del campo. Ho in mente una fotografia che ricorderò fin che campo: lui, dopo una partita fantastica, primo della fila sul podio di Londra. Lui, chinato a ricevere la medaglia olimpica e un attimo dopo a sfilarsi da sotto la tuta la maglia n. 16 di Vigor Bovolenta. Non serve aggiungere altro. Grazie di tutto, Cristian.
La seconda.
In questo momento è in corso una bellissima finale Scudetto che vede protagonisti sei fantastici atleti della nostra Squadra. Tutti stanno dando il meglio di loro stessi di fronte a due tifoserie meravigliose. Chiunque, giustamente, dice che questo è un grande spot per la nostra pallavolo. Vero. Ma si sono altre due tifoserie, storiche, caldissime, che stanno soffrendo e stanno manifestando il loro affetto per qualche cosa di bello, coinvolgente, che hanno avuto sotto agli occhi per tanti anni. Lo stanno facendo con civiltà e con il coraggio delle proprie azioni. Entrambe hanno avuto l’onore di festeggiare uno Scudetto e di celebrarlo in un modo indimenticabile. Io non entro nel merito del come queste due vicende termineranno né sulle ragioni che le hanno determinate, anche perché non ne ho la minima idea. Dico semplicemente che bisogna avere rispetto. Rispetto per chi ha investito denaro e tempo e offerto quello spettacolo per la propria città, Scudetti compresi, per tanti anni. Rispetto per questa gente che sta manifestando, anzi urlando, il proprio amore nei confronti di una cosa in cui ci si è riconosciuti, che ha scandito anni della propria vita, che ha generato emozioni, che ha fatto sentire orgogliosi. L’immagine di un singolo tifoso che entra sul campo da gioco con in mano la sua carta di identità e saluta la sua squadra stringendo la mano ai suoi giocatori forse, tecnicamente, si configurerà come un’invasione di campo. Per me resta un gesto di una bellezza nobile, una di quelle cose che si possono fare solo per provare a difendere un grande amore o un grande ideale. Un gesto di coerenza e di passione. Dio sa quanto abbiamo bisogno di entrambi. Scriveva Antonio Gramsci: “Odio gli indifferenti”. Gli indifferenti, quelli che dicono: “te l’avevo detto” e quelli che giudicano dal caldo di casa.
La terza.
Dopo questa settimana, fatta prevalentemente di test, al Centro Olimpico dell’Acqua Acetosa a Roma ci raduneremo a Cavalese, in attesa dell’arrivo degli atleti impegnati nelle finali Scudetto e del Mondiale per club. Per questo motivo resteremo anche in attesa del nostro nuovo capitano: Emanuele Birarelli. Scelgo lui per parlare a me stesso, alle persone del mio staff e a tutti gli atleti che vestiranno la maglia azzurra in questa stagione. Auguro il mio in bocca al lupo al nostro nuovo capitano, anche lui testimone vivente di una storia personale speciale. Gli auguro decine di trofei sollevati da capitano ricordando a lui e a me stesso che questa maglia ha nell’intreccio del suo stesso tessuto quelle storie di affetto, di entusiasmo, di sogni, di arrabbiature, di delusioni, di passione che sono rappresentate nelle prime due cose che volevo dire, nelle due immagini che ho provato a descrivere e che avete trovato qui sopra. Non voglio dimenticarlo mai. Non voglio che ce lo dimentichiamo mai. In fondo chi fa il mio lavoro altro non deve fare che allenare al desiderio e alla libertà di sognare.
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