Aru un po' ci crede: il Mortirolo potrebbe fare la differenza
Fabio Aru non abdica, né rilancia la sfida ad Alberto Contador, alla vigilia della terza e ultima settimana del 98° Giro d’Italia. Aru, secondo nella generale e maglia bianca di miglior giovane, non annuncia battaglia e, se casomai avesse propositi bellicosi, non li dichiara.
Aru, seduto nella hall dell’hotel Bertelli a Madonna di Campiglio, ieri, nel giorno di riposo dopo la scalata di ieri, sembrava un ragazzo tranquillo, che usa il condizionale per ogni risposta. Oppure parla come un abile «baro», che sa di avere nascosto l’asso nella manica ed è pronto a tirarlo fuori al momento opportuno.
Lo scenario di oggi è ideale per un assalto alla maglia rosa, ma Aru non lo dice. Lo farà? «Vediamo come saranno le gambe anche nei giorni successivi. Ci aspetta una tappa in salita, a tutta, con il Tonale, l’Aprica e il Mortitolo», dice.
I tifosi aspettano la fuga da lontano, un’impresa che rimanga scolpita nei cuori e nelle menti. L’ha invocata anche un vecchio saggio come Vittorio Adorni. «Il ciclismo oggi è più controllato - spiega Aru - io sto dando il massimo, come del resto Contador.
Pensare di partire a 50-60 km dall’arrivo è difficile; magari, se stai bene, ce la puoi fare, ma è da 15 giorni che corriamo.
Il Mortirolo, da quel versante, è veramente duro, arriva dopo due settimane di sfide e il giorno di riposo. Non so come si muoveranno gli altri, ma è una salita che fa selezione».
Aru non ha perso la speranza di vincere il Giro, ma il suo -2’35” lo costringerà ad attaccare. Il Tamburino sardo deve provarci, senza dimenticare di non avere nulla da perdere.
«La speranza di vincere il Giro non l’ho mai persa, quest’anno ogni giorno era pericoloso e c’era una sorpresa. Del resto, lo hanno confermato le tappe pianeggianti. Contador è in forma, ieri abbiamo cercato di isolarlo, il nostro obiettivo era vincere la tappa. Abbiamo fatto bene il nostro lavoro.
Dall’inizio l’Astana ha cercato di rendere la corsa un po' più movimentata: Tiralongo è stato impressionante, come Kangert e Rosa. Domenica c’è stata tanta selezione e lo spettacolo si è visto.
È importante cercare di raggiungere il risultato pieno, non solo il secondo posto, ma con un campione come Contador non è facile. Sono contento che al Giro ci sia lui, così posso confrontarmi con un mostro sacro come lo spagnolo; alla Vuelta 2014 avevo trovato gente come Froome e Valverde».
Ad Aru resta un rammarico: «Non essermi avvicinato al Giro come avevo previsto e voluto».
Un virus lo ha debilitato non poco.
«Non mi piace adagiarmi - dice - avrei però preferito proseguire la preparazione con il Giro del Trentino. Se devo rimproverarmi qualcosa? L’errore commesso nella tappa con l’arrivo a Vicenza: ho pagato una cattiva alimentazione e questo non deve accadere mai a un professionista».
Resta la voglia d’impresa. «Le tappe ci sono per portarla a termine: se stai bene puoi fare tutto, compatibilmente con le capacità di Contador. È giusto che lo spagnolo non rischi, sarebbe un folle se lo facesse con quel vantaggio».
La maglia rosa, del resto, punta a riprendersi «il Giro del 2011, che mi è stato tolto (dopo il caso del Clenbuterolo, ndr)».
«Tutti hanno visto com’è andata - le parole di Contador e mi piacerebbe che anche gli altri, come Quintana o Froome, facessero tutti i grandi giri, come faccio io. Ho gareggiato con avversari di varie generazioni, da Armstrong ad Aru, posso dire di sentirmi completo.
Temo più la salita dello Zoncolan del Mortitolo, che affrontai nel 2008, difendendo la maglia rosa. Non immaginavo di dover gestire quest’ultima settimana da leader, pensavo di dover conquistare il primato attaccando. Dovrò cambiare strategia. Vincere una tappa non è la priorità», conclude lo spagnolo.