La cessione di Fabio Quagliarella tra accuse di camorra e di pedofilia
La vicenda della cessione di Fabio Quagliarella dal Napoli alla Juventus al centro di accuse di camorra, sesso e pedofilia contenute in lettere anonime. È la chiave di lettura che oggi l’attaccante del Torino ha fornito nel corso di un interrogatorio nel tribunale di Torre Annunziata (Napoli) nell’ambito del processo a Raffaele Piccolo, l’agente di polizia postale accusato di essere lo stalker di vip e personaggi in vista della provincia di Napoli, in tutta una decina, tra i quali figura anche lo chansonnier di Capri, Guido Lembo.
“Sono convinto - ha detto il calciatore - che la mia cessione alla Juventus sia dovuta a quelle accuse assurde di essere camorrista e pedofilo contenute in una serie di lettere anonime giunte in qualche modo anche al presidente Aurelio De Laurentiis”.
Quagliarella, assistito dall’avvocato Gennaro Bartolino, ha deposto (insieme al padre e a un commerciante) in qualità di parte lesa.
Davanti al giudice Ernesto Anastasio ha ripercorso quei momenti: oltre alle lettere ha parlato di messaggi sul suo telefonino e su quelli del padre e dell’allora fidanzata.
L’interrogatorio è durato poco più di un’ora e mezza. Il giocatore ha detto di essere stato sotto “pressione” per quattro anni: “Ho conosciuto Piccolo - ha raccontato - nel 2006. Si diceva capace di risolvermi i problemi al telefonino e al mio contatto di Messanger, la cui password era finita in mani sbagliate. In cambio mi chiedeva autografi, foto e magliette.
Richieste diventate sempre più pressanti: gli avrò dato almeno venti magliette. Quindi sono iniziate le lettere nelle quali venivo accusato di essere camorrista, di partecipare a orge e di essere pedofilo. Minacce giunte anche a mio padre e alla mia fidanzata dell’epoca”.
In un caso, Quagliarella ha raccontato che a casa del padre è giunta anche “una fotocopia con una bara e la mia foto sopra”.
Sulla cessione alla Juve ha aggiunto: “All’inizio della mia avventura al Napoli il presidente De Laurentiis mi chiamava ogni giorno, poi improvvisamente non solo ha smesso di contattarmi ma è arrivato a chiedere che mi trasferissi al centro sportivo di Castel Volturno (dove si allenano i giocatori azzurri). Una richiesta strana, visto anche che due miei compagni, Iezzo e Vitale, vivevano nella mia città natale, Castellammare di Stabia. Quindi il trasferimento alla Juve, cosa di cui non si era mai parlato prima”