Doping Sharapova: la Wada chiede una pena severa
Nessuno sconto di pena, nessuna clemenza, Maria Sharapova deve pagare la sua positività all’anti-doping. Dopo il clamoroso annuncio della campionessa siberiana, la Wada (World anti-doping agency), che si riunisce oggi a Londra, ha invocato la massima severità nella punizione alla tennista russa perché - ha spiegato il presidente Craig Reedie - il «meldonium è stato aggiunto alla lista delle sostanze proibite perché è in grado di migliorare le prestazioni».
Se Reedie - in un’articolo apparso oggi sull’Independent - si è limitato a sottolineare che il farmaco è molto diffuso tra gli atleti non solo russi ma anche etiopi, evitando però di entrare nello specifico del caso Sharapova, decisamente più duri sono stati i commenti del suo predecessore.
«Non ho nessuna simpatia verso la Sharapova, ce l’ho avuta in passato - le parole di Dick Pound, ex presidente Wada -. È stata ai vertici dello sport per 10, 12 anni, sveglia, c’è qualcuno a casa? Merita assolutamente di essere squalificata, la durata non spetta a me deciderlo.
È un caso difficile da capire perché con l’entourage che la segue come è possibile che nessuno se ne sia accorto? Come puoi essere così stupido?».
Per ora, sul sito ufficiale la foto di Masha mentre prepara il dritto che tanti punti le ha portato in carriera si accompagna ancora al logo Nike, ma il gigante americano dell’abbigliamento sportivo ha già preso le distanze dalla campionessa russa, «fino all’esito delle indagini».
Il giorno dopo l’annuncio a sorpresa della positività al meldonium - emersa durante l’Australian Open di gennaio - i principali sponsor hanno «congelato» la collaborazione con Maria Sharapova, la tennista (ed in generale l’atleta donna) più pagata al mondo, una multinazionale da 30 milioni di dollari l’anno.
Alla Nike si sono presto aggiunti Tag Heuer (brand svizzero degli orologi di lusso) e la tedesca Porsche.
Il meldonium intanto ha già mietuto altre «vittime» (il campione del mondo di pattinaggio velocità su ghiaccio Pavel Kulizhnikov e la stella della nazionale di pallavolo Alexander Markin), mentre nei giorni scorsi è costato la squalifica alla pattinatrice Ekaterina Bobrova, campionessa olimpica a Sochi.
Così tutto lo sport russo è nel mirino della lotta al doping.
«Ci saranno altri casi del genere», era stato facile profeta il ministro Vitaly Mutko. Che ha però respinto la parola «sistema».
«Sei mesi fa - ha detto - avevamo avvertito tutte le federazioni che il meldonium era stato incluso nella liste delle sostanze proibiti. L’atleta non prende un farmaco di propria iniziativa. Medici, allenatori, fisioterapisti e capi delle federazioni sono responsabili».
L’esame antidoping di Maria risale al 26 gennaio, sua ultima apparizione su un campo da tennis. Quel giorno, a Melbourne, fu eliminata nei quarti da Serena Williams (che le ha dedicato un pensiero: «Ha avuto coraggio, le auguro il meglio»).
Il campione è stato analizzato da un laboratorio accreditato dall’Agenzia mondiale antidoping (Wada). La notizia della positività è stata comunicata il 2 marzo e la Itf l’ha sospesa da sabato prossimo.
Lei ha rinunciato alle contro-analisi.
La Sharapova ora rischia grosso: chi ipotizza due, chi si spinge fino a quattro anni di squalifica. La tennista ha dichiarato di prendere il farmaco dal 2006 (senza specificare se con delle pause).
La Grindeks, azienda lettone che produce il Mildronat (nome commerciale del meldonium) ha però precisato che il normale ciclo di assunzione a fini terapeutici non supera le 4-6 settimane.
Il meldonium è impiegato nella cura dei problemi legati al diabete, soprattutto la prevenzione di infarti.
Dal primo gennaio è nella lista delle sostanze vietate in quanto altera il metabolismo.
Atleti di varie discipline vi hanno fatto ricorso per migliorare la resistenza (diminuisce i livelli di acido lattico) e accelerare i tempi di recupero.
Inoltre ha effetti «coprenti», può cioè nascondere altre sostanze proibite, come l’Epo.
Fu Ivars Kalnins a scoprire la molecola negli anni Settanta.
Ed oggi il ricercatore si è scagliato contro la Wada: «Non ha nessuna prova scientifica che il meldonium sia doping. È una manovra contro gli atleti dell’Est».
Sempre oggi si è aèrèeso che anche Ekaterina Konstantinova della nazionale russa di pattinaggio è risultata positiva ai test anti-doping per aver assunto meldonium. Lo ha detto il capo della federazione del pattinaggio russo Alexei Kravtsov.
Nei giorni scorsi già Semyon Yelistratov e Pavel Kulizhnikov, stelle dello short-track, erano risultati positivi ai test.
GLI EFFETTI DEL MELDONIUM
Nato come farmaco contro l’angina e per prevenire l’infarto, il meldonium - la sostanza in cui è incappata la tennista Sharapova a seguito di un test antidoping - è però anche un modulatore del metabolismo, in grado di aumentare la resistenza alla fatica.
Per questo la Wada, l’Agenzia mondiale antidoping, l’ha inserito dallo scorso primo gennaio tra le sostanze proibite, dopo averlo tenuto sotto osservazione per un anno.
Il meldonium, spiega il sito della Wada, fa parte della categoria dei metabolic modulators, lo stesso dell’insulina e delle molecole cosiddette insulinomimetiche.
Un articolo pubblicato nel 2015 su Drug testing and analisis ha raccolto tutti i possibili effetti sulle prestazioni sportive, alcuni dei quali dimostrati con dei test sperimentali sia su animali che sull’uomo.
Si va dall’aumento della resistenza alla fatica, grazie a una diminuzione del tasso di acido lattico e urea nel sangue, a un aumento delle capacità aerobiche a un accorciamento dei tempi di recupero.
«C’è una grande evidenza dell’uso di questa sostanza nello sport - scrivevano nel 2015 i ricercatori dell’università di Bonn, che hanno messo a punto i test per scovarlo nel sangue - sia da dati sul mercato nero che da dichiarazioni degli stessi atleti».
I primo test sull’uso farmacologico del meldonium, scoperto negli anni ‘70, risalgono al 2005, quando fu dimostrato che poteva aiutare i pazienti con insufficienza cardiaca cronica perchè in grado di migliorare la circolazione periferica. Altre applicazioni testate sono l’angina, l’infarto del miocardio e un test di fase 2 è in corso anche come trattamento dopo l’ictus.
Attualmente l’uso come farmaco è autorizzato solo nell’est Europa, mentre l’Fda non ha ancora autorizzato il commercio.
Secondo l’azienda lettone che la produce però il trattamento dura 4-6 settimane, e non anni. La tennista ha dichiarato invece di prenderlo da circa 10 anni, su prescrizione medica, per curare una carenza di magnesio dovuta a un principio di diabete.