Tra oro, neve e gossip, i 50 anni del fenomeno Tomba
Il suo nome è stato per anni sinonimo di un’Italia vincente. Nello sport si sintetizza con una semplice parola che vale più di qualsiasi enciclopedia: mito.
Perchè parlare di Alberto Tomba - 50 anni il 19 dicembre, tanti quante le sue vittorie in Coppa del Mondo - equivale non solo a raccontare la storia di chi ha zigzagato e vinto per 13 anni sulle piste innevate di mezzo mondo, ma anche di chi ha disegnato pagine indelebili della storia dello sport e del costume italiano. Alberto ‘La Bombà, come venne ribattezzato a metà degli anni ‘80 quando quel giovanissimo e sconosciuto cittadino-sciatore deflagrò come solo i fuoriclasse sanno fare, prima che talentuoso mago dello sci è stato soprattutto un fenomeno mediatico senza uguali. L’unico, durante le Olimpiadi di Calgary, a distogliere l’attenzione degli italiani dal totem del Festival di Sanremo, l’unico a essere al centro dei riflettori anche quando perdeva. Perchè la sua grandezza si è misurata attraverso quasi tre generazioni dello sci, passando dal leggendario Stenmark, ormai al capolinea della carriera, agli astri nascenti Girardelli e Zurbriggen, agli emergenti Accola, Kjus e Aamodt, allo sfortunato Nierlich, fino a Hermann Maier. L’unico capace di vincere per 11 anni di fila almeno una gara di Coppa del Mondo. Non poteva essere altrimenti per uno che era solito dire: «Per me lo sci è solo questo: o vinco o salto».
Originario di Castel dè Britti, a due passi da , mosca bianca in mezzo a una caterva di sciatori di montagna, Tomba si era fatto conoscere il 23 febbraio ‘86. Quel giorno si disputava ad Aare lo speciale di Coppa e Tomba, pettorale 62, riuscì a chiudere 6/o. Dopo due podi a Crans Montana e Alta Badia l’anno successivo, la stagione 1987/88 è quella della svolta, dell’esplosione epocale, dei libri di storia, riuscendo a passare in poche settimane dall’anonimato alla popolarità travolgente. Questo grazie, al suo innato istrionismo che, unito alle incredibili doti tecniche, lo trasformarono in una manciata di giorni nel personaggio Tomba, nello sbruffone vincente, nello sciatore-cittadino amato da tutti e che subito dopo aver vinto la sua prima gara di Coppa strillò al mondo: «Fra due giorni vincerò ancora». E vinse davvero, con quel suo modo di esultare e trionfare che per anni è stato il suo marchio di fabbrica. Perchè vinceva di continuo, rifilando distacchi abissali agli avversari e prendendosi il gusto di trovare il tempo anche di salutare i tifosi in pista. E quel giorno al Sestriere, sul terzo gradino del podio, quasi a salutare il passaggio di consegne, c’era Ingemar Stenmark che subito dopo la gara disse: «Alberto è troppo forte, posso smettere di sciare».
In quella stagione Tomba vinse anche sull’amata Gran Risa, a Saas Fee e fu primo nello Tre Tre di Campiglio, Kranjska Gora, Kleinkirchhelm, Aaare e Oppdal. Inutile dire che vinse entrambe le Coppe di specialità. Ma il capolavoro, in quel magico 1988, arrivo alle Olimpiadi di Calgary, dove prese l’oro sia in slalom che in gigante facendo fermare l’Italia intera e il Festival di Sanremo proprio per assistere alla sua straripante discesa. Per vederlo si fermava un Paese intero, come solo ai tempi di Coppi e Bartali: al Sestriere, Alta Badia e Campiglio per vederlo scendere erano in 50.000 e tutti col naso all’insù. D’altronde per capire la grandezza dello sciatore bastano pochi numeri: 88 podi in Coppa del Mondo, 50 vittorie, 5 medaglie olimpiche (di cui tre d’oro), 4 medaglie mondiali (di cui due d’oro), una Coppa del Mondo assoluta e di 8 Coppe di specialità (4 speciale e 4 gigante). Insomma, un mostro, un alieno, un qualcosa che lo sport italiano non potrà mai dimenticare e difficilmente ripetere, nel bene e nel male.
Re assoluto sui pendii di mezzo mondo, «tombeur de femmes», ambasciatore Unicef, cavaliere della Repubblica, attore («Alex l’ariete»), presidente di giuria a Miss Italia, le etichette che hanno accompagnato Alberto Tomba si sono sprecate. Inimitabile tra i paletti, è stato protagonista anche di qualche «fuoripista», con code polemiche e, talvolta, strascichi nelle aule di tribunale. Come per la causa con il fotografo a cui in Alta Badia lanciò la coppa e che si concluse con una condanna, poi patteggiata, per lesioni personali. In tribunale si concluse anche il singolare «slalom» in auto per evitare un ingorgo nel bellunese, con tanto di paletta e lampeggiante blu. Con l’aggravante della sua appartenenza all’Arma dei Carabinieri, una carriera cominciata nel ‘92 da semplice appuntato e che si concluse nel 1996 tra qualche imbarazzo. Tante le benemerenze (anche la croce d’oro dell’Esercito), ma anche tantissimi grattacapi, come le contestazioni del Fisco o scandalo per le foto nudo in una sauna pubblicate da un settimanale. Ovviamente è stato votato «Atleta del secolo» dal referendum indetto dalla Gazzetta (sarà premiato giusto stasera), un modo come un altro per ricordare come la Storia non si congeda mai.