Aquila Basket, aspettando la finale Il presidente Longhi racconta il «sogno»

di Daniele Battistel

«L'approdo in finale ha suscitato un grande interesse su di noi in tutto il Trentino Alto Adige, oltre che sul territorio nazionale. E questo ci fa piacere perché ci aiuta a radicarci e a far apprezzare il basket a chi non lo conosceva. Soprattutto, però, questo è uno stimolo per le nostre squadre giovanili e per tutte le società della Trentino Accademy a comprendere che dedizione, impegno, lavoro quotidiano alla fine portano grandi risultati. Credo inoltre che la nostra squadra sia portatrice di questi valori e, buttandosi a terra anche al 40' per recuperare un pallone anche con il match in tasca, lo dimostri ad ogni partita».

A tutti i ragazzi è stato trasmesso che, per tradizione e cultura, all'Aquila non ci sono alibi

Un approccio a metà strada tra il filosofico e l'istituzionale quello che il presidente Luigi Longhi sceglie per raccontare i «segreti vincenti» della sua Aquila basket. Moderazione nello stile e nelle parole ma non nel pensiero, che è quello di cercare sempre di migliorarsi e dare un esempio positivo.

Cinque anni fa di questi tempi si giocava la promozione in LegaDue a Chieti. Ora Trento è in finale scudetto. Ci pensa?
«La nostra filosofia è quella di cercare sempre di migliorare e di fare un passo in avanti. E penso che in questi anni ci siamo riusciti. Dunque non siamo una favola, bensì una realtà per la quale i risultati sono il frutto di un programma di lavoro preciso. Quest'anno l'obiettivo era quello di superare il primo turno dei playoff. Poi è arrivato anche il secondo, e siamo stati bravissimi. Quindi, arrivare in finale non me lo aspettavo, ma fare un passo avanti rispetto all'anno scorso sì. Se devo dire, quest'anno mi è dispiaciuto non andare alle finali di Coppa Italia per poco».

La mancata qualificazione fu la conseguenza di un brutto girone d'andata, al termine del quale la Dolomiti Energia era tredicesima.
«Quella era la classifica di una squadra più o meno normale in un campionato particolarmente equilibrato. Poi abbiamo trovato la chiave per successi strepitosi. Anche nei momenti bui, però, non era mai venuta meno la fiducia in nessuno: abbiamo analizzato le cose che andavano e che non andavano, ma siamo sempre rimasti sereni. Per quello che abbiamo combinato in questa seconda parte dell'anno vanno ringraziati tutti, ma una menzione particolare va al coach, al gm Trainotti, a Jared Ralski, gente che ha lavorato seriamente per trovare gli aggiustamenti necessari per superare un momento che era obiettivamente difficile».

I soldi sono importanti, ma senza metterci l'anima di giocatori, tecnici e dirigenti non si va lontano

Avete inserito Sutton al posto di Johndre Jefferson e la squadra si è magicamente trasformata. Incredibile, o no?
«Credo che nel salto che abbiamo compiuto c'entri molto il lavoro fatto dalla società. A tutti i ragazzi è stato trasmesso che, per tradizione e cultura, all'Aquila non ci sono alibi. Neanche dopo i gravi infortuni che ci hanno bersagliato quest'anno ci siamo mai nascosti dietro facili scuse. Siamo sempre andati avanti. Anzi, gli infortuni ci hanno rafforzato e aumentato il senso di appartenenza al club. E quando ti impegni al massimo poi i risultati prima o poi arrivano».

Quali sono le figure chiave della stagione?
«Ho già detto che il coach e Salvatore (Trainotti, ndr) sono stati davvero bravissimi nei momenti che contavano. Hanno sempre tenuto il timone diritto, sapendo cosa volevano fare e come farlo. Non si sono mai lasciati prendere da panico, isterie, tentazione di far ricadere colpe su altri. Hanno dato dimostrazione di unità di intenti e programmazione. Vorrei anche ringraziare tutti quelli che hanno condiviso con noi quest'avventura, dal main sponsor al più piccolo: penso che li abbiamo ricambiati al meglio. In qualche modo siamo testimoni del Trentino in giro per l'Italia e da autunno torneremo ad esserlo anche in Europa».

Pascolo resta un grande amico di Aquila, una persona eccezionale a cui vogliamo tutti bene

Vincere tre volte di seguito al Forum che emozioni regala?
«Molto belle. Siamo stati gli unici a batterli in casa durante la stagione e nei playoff abbiamo dimostrato che cuore, testa e grande abnegazione portano a risultati importanti».

Avete anche dimostrato che non bastano i soldi per vincere.
«I soldi sono importanti, ma senza metterci l'anima di giocatori, tecnici e dirigenti non si va lontano. La nostra vittoria dice che non tutto è scontato, che nello sport moderno le differenze le fanno sì gli aspetti economici, ma soprattutto l'organizzazione e la programmazione».

Ha visto la faccia abbattuta di Pascolo dopo gara 5?
«Anzitutto gli faccio un grande in bocca al lupo per l'operazione. Poi - e gliel'ho anche detto personalmente - lui resta un grande amico di Aquila, una persona eccezionale a cui vogliamo tutti bene».

Sabato scattano le finali. Cosa si aspetta?
«Che la squadra giochi con la stessa intensità delle serie contro Sassari e Milano e poi che tutti abbiano la consapevolezza che non stiamo vivendo un sogno o una favola, ma una concreta realtà sportiva in cui ognuno deve dare il massimo delle proprie capacità. Senza se e senza ma».

Preferirebbe incontrare Avellino o Venezia?
«Non ho preferenze. Con entrambe le società abbiamo buoni rapporti. Chi vincerà la semifinale sarà la nostra avversaria e cercheremo di batterla fino alla nostra ultima goccia di energia».

Si sente di promettere che la squadra rimarrà più o meno la stessa anche la prossima stagione?
«Bisogna aspettare la fine stagione. Credo che qualcuno degli americani potremo rivederlo anche l'anno prossimo».

Ora mettere nel mirino l'Eurolega?
«È assolutamente un altro pianeta in questo momento. Ora pensiamo a gara 1 di sabato. Ho capito una cosa fondamentale da quest'esperienza nel basket: se pensi a due gare contemporaneamente le prepari male entrambe. Concentriamoci su una cosa per volta».

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