Tour, impresa di Aru s'impone in salita
La maglia sola al comando, questa volta, non era biancoceleste come quella griffata Bianchi e indossata da Fausto Coppi, descritta magicamente in una radiocronaca del primo dopoguerra, ma i contorni dell’impresa di Fabio Aru a La Planche des Belles filles ha comunque risvolti vintage.
Il sardo - indosso la maglia bianca rosso e verde da campione italiano in carica - è tornato con tutta la propria esuberanza, prendendosi la salita sulla quale aveva messo le mani Vincenzo Nibali nel 2014 (il suo Tour). Stesso posto, maglia molto simile (quella del siciliano era celeste con dei visibili motivi tricolori, quella del sardo interamente verde, bianca e rossa, come quelle di una volta), impresa analoga. Aru ha firmato la prima bella impresa del Tour de France 2017 da mancato protagonista del Giro d’Italia numero 100, partito dalla ‘suà Sardegna.
Un’occasione mancata per lui, un motivo di rivalsa per riscattare una stagione nata male e proseguita peggio: con il ritiro per motivi fisici alla Tirreno-Adriatico, la morte dell’amico Michele Scarponi, la caduta e la botta al ginocchio, con relativi problemi alla cartilagine che lo hanno messo ko, impedendogli di puntare alla sua prima maglia rosa. Oggi il ‘Tamburino sardò è tornato alla grande, di prepotenza, con una fuga per la vittoria che gli ha permesso di salire sul terzo gradino del podio virtuale della classifica generale, alle spalle del gallese Geraint Thomas e dell’inglese Chris Froome, nuova maglia gialla, dopo l’interregno del compagno del Team Sky. Due anglosassoni e un latino a comporre il podio attuale del Tour.
Aru è partito sulle rampe della salita finale di questa tappa di 160 km partita da Vittel, dove ieri si è consumato il giallo nel giallo con la cacciata di Peter Sagan per un gomito troppo largo e spinto in volata su Cavendish, finito a terra. Il corridore dell’Astana è scattato sulla destra, non prima di avere resistito a lungo al ritmo indiavolato del Team Sky, che aveva l’obiettivo di conservare il primato di Thomas. Il polacco Michal Kwiatowski, poi Nieve, infine lo scatto potente e prolungato di Aru, che ha subito inflitto 30« di distacco. Sono bastate poche pedalate, un rapporto che fa la differenza, tanta voglia di stupire.
Una rasoiata micidiale, di quelle che tagliano le gambe e azzerano le ambizioni di una squadra nata solo per vincere, come quella inglese. Solo a 500 metri dal traguardo, Aru ha capito che il sogno della prima vittoria al Tour poteva diventare realtà. Una vittoria alla Nibali, la sua, di quelle che lasciano il segno e certificano la classe di un corridore che era partito con l’obiettivo del podio e che, da oggi, tutti dovranno temere, quando la strada comincia a salire.