Mvt - Il campione trentino di tutti i tempi Ottavi di finale: Merli vs Dalfovo Votate il vostro atleta del cuore
Il nostro sondaggio #Mvt, per scegliere il campione trentino di sempre, si avvia alla conclusione del turno degli ottavi di finale. Sedici grandi atleti sono rimasti in gara, e oggi si sfidano il pilota Christian Merli, del quale qui sotto parla la compagna Cinzia, e il pallavolista Massimo Dalfovo, il cui profilo è tratteggiato dal celebre schiacciatore Franco Bertoli, suo amico e collega di molte sfide.
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Cinzia, con i suoi occhi impossibili, è la compagna di vita di Christian Merli da una ventina d’anni. La sua ombra, l’amica capace di comprendere al volo i sentimenti del pilota. Sono in perfetta simbiosi, nella buona e cattiva sorte. Sacrifici, vittorie e delusioni, tutto diviso a metà. Prima dello start lei siede a terra accanto all’Osella. Pronta a carpire lo sguardo del pilota. Al momento del via, un’occhiata che vale un abbraccio.
Come vi siete conosciuti?
«È dall’agosto del 2002 che lo sopporto e lo supporto. Con la mia compagnia ero andata in un locale a Fiavè. Non lo conoscevo assolutamente, ma lui continuava a lanciarmi delle occhiate. Viso simpatico, pulito ed allora dissi al cameriere di offrire una bibita a quel ragazzo da parte mia. È iniziata così. Poi c’è stato un gran lavoro per smussare gli spigoli di entrambi e trovare il giusto equilibrio».
Sapeva che era appassionato di motori?
«No, l’ho scoperto nelle nostre lunghe chiacchierate. Mi raccontò dei suoi esordi, dello stop a causa di mancanza di sponsor e del desiderio di gareggiare in Bondone con la Clio Maxi. Non puoi togliere una passione a qualcuno e sono sempre stata al suo fianco».
Nel 2003, Christian Merli torna in gara alla Trento - Bondone proprio con la Clio Maxi e si classifica 12° assoluto alle spalle di Giorgio De Tisi in gara con la Peugeot 206 WRC. É primo tra le vetture due litri e stacca il record del tracciato. All’arrivo sale sulla macchina con le braccia alzate. Gara fantastica. Cinzia è donna sensibile, discreta e gentile.
«Siamo in sintonia. Capisco quando è scocciato e quando è felice. Osservo come sale in macchina o quando scende. Guardo le sue movenze. Per me è facile capirlo. Poi parliamo tanto. E mi confida cosa deve fare, cosa modificare o dove ha sbagliato».
E la festa a Fiavè nel 2018?
«Christian aveva vinto tutto, Europeo, Italiano, il Fia Hill Climb Master e la Trento - Bondone che per anni gli era sfuggita. Una stagione unica, dopo una vita di sacrifici ed è stato normale davanti alla nostra gente scoppiare a piangere. Un momento di grande emozione condiviso con i nostri compaesani».
Com’è l’uomo Merli?
«Buono, generoso e soffre tanto le ingiustizie. Si tiene tutto dentro. Voglio sottolineare, che lui è il Team. Quando rientra dalle gare non ha meccanici che sistemano la sua sport. La smonta, assieme a Giuliano, controlla, aggiusta, pulisce, modifica e tutto questo dopo il lavoro di tutti i giorni. A volte passa l’intera notte in officina. È arrivato dov’è partendo dalla gavetta».
Ricordi particolari?
«Mi torna alla mente il 2005, quando partecipò al Campionato Europeo della Montagna con la Lucchini rossa. Lunghe trasferte continentali e si dormiva nel furgone officina. Christian provava il tracciato con il quod. Ricordi incancellabili».
Com’è il pilota prima della gara?
«Mi vuole accanto. Tante persone non capiscono che quello è il momento più importante del fine settimana. Si concentra e basta uno sguardo tra noi. Il mio modo di salutarlo è una carezza virtuale». Ma. Fr.
Il loro primo incontro risale agli anni ‘70. A Malles, in Alto Adige, si teneva un collegiale triveneto di pallavolo giovanile. «Attorno a Ferragosto avevamo tre giorni di pausa ma all’epoca per tornare a casa mia, a Cavalicco piccola frazione di Udine, serviva un giorno abbondante di cammello. Così Massimo mi invitò a rimanere con lui a Fai della Paganella nella casa di vacanze della sua famiglia».
A Fai, in anni più recenti, Franco Bertoli e Massimo Dalfovo hanno trascorso una ventina di estati assieme con le rispettive famiglie. «Il nostro primo incontro - racconta “Mano di Pietra”, uno dei più forti schiacciatori nella storia del volley italiano - fu una sorta di colpo di fulmine, un’amicizia senza più soste».
Il legame si rinsaldò al primo anno di esperienza, per entrambi, in Serie A, nel 1976/77.
«Ci ritrovammo al Petrarca Padova - continua a raccontare Bertoli -, per tutti e due era la prima volta lontano da casa, staccati da famiglia e amici. Ci facevamo tanta compagnia: le scuole superiori, l’allenamento tutti i giorni, ci conoscemmo meglio».
L’anno successivo le strade si separarono, perché Bertoli passò alle Robedikappa Torino. Ma Massimo e Franco si ritrovarono di nuovo assieme in squadra nella Panini, nella stagione 1983/84: «Era il mio primo anno a Modena, fu l’ultimo suo. Erano gli anni migliori di Massimo, la parte più bella della sua carriera. All’epoca un mancino alto oltre due metri era una rarità. Si muoveva bene, era giocatore completo, tecnico e capace. A Modena Massimo è stato molto amato, lo si nota anche adesso quando si organizza qualche cena».
Nei sedicesimi di finale del concorso Mvt a Dalfovo è riuscito il “colpo gobbo” di eliminare Francesco Moser, uno dei favoriti per la vittoria: «Moser ha vinto di più ma credo che a Massimo tanti riconoscano lo spirito di servizio. Da quando è rientrato in Trentino ha portato Mezzolombardo nella serie A di volley, ha lavorato con Mosna nell’Itas, si è speso per il Calcio Trento e ora è presidente della Federvolley. Gli piace aiutare le persone a fare sport, si arrabbia, si infervora e anche quando è stanco esce per stare vicino a società, allenatori e atleti. Gli viene riconosciuta la sua disponibilità a spendersi per il territorio senza tornaconti. Non si vive facendo il presidente di federazione, bisogna andare nell’agenzia Itas e lavorare».
Bertoli e Dalfovo hanno giocato fianco a fianco anche in nazionale. «Stavamo in camera assieme. Vincemmo l’oro ai Giochi del Mediterraneo del 1983 ma Massimo l’impresa più bella la fece nelle qualificazioni olimpiche: fu decisivo per portare l’Italia a Los Angeles 1984. Per i Giochi non venne però convocato, boh, non ho ancora capito perché. Meritava ampiamente di essere presente».
Il suo pregio migliore? «La capacità di relazionarsi con gli altri che emergeva anche in spogliatoio».
Perché votare Dalfovo? «È una garanzia per i trentini, farà sempre di tutto per farli stare bene nell’ambito sportivo che vuol dire salute, amicizia e turismo. È una grande risorsa, con alti valori umani e personali, non solo per lo sport ma per tutto il territorio trentino». G. Pa.
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