Diego, «la mano de Dios» e il mondiale vinto nell'86
Segnò agli inglesi con «la mano de Dios» e poi il gol più bello della storia del calcio, trascinò l’Argentina dei semisconosciuti Cuciuffo, Olarticoechea, Giusti e Brown anche contro il Belgio, e divenne Maramondo.
Nessuno come Maradona può dire di aver vinto un Mondiale praticamente da solo, anche se aveva compagni di valore come Burruchaga (al quale servì l’assist per il gol decisivo in finale) e Valdano.
Quell’Argentina che nel 1986 vinse i Mondiali in Messico a spese della Germania non era un Dream Team come il Brasile del 1970 e dei cinque numeri 10. Era invece una selezione di pochi campioni e di tanti onesti comprimari, illuminata dal talento immenso di un genio nato per giocare al calcio. E poco importa che in finale, all’Azteca, trovò di fronte la Germania reduce da una ‘battaglià in semifinale contro la Francia ma comunque favorita. C’erano Rummenigge, Voeller, Matthaeus, il riccioluto portiere Schumacher, Briegel, Magath e in panchina un altro mito del calcio come Beckenbauer. Che, da stratega della panchina, ai suoi aveva detto di fermare Maradona ad ogni costo, magari con una marcatura asfissiante. Però Maradona fu più forte di tutti loro, e l’Argentina divenne campione.
In quella finale, che Diego non giocò bene come nelle precedenti partite, asfissiato com’era dalla sorvegliazna speciale degli avversari, ad un certo punto, dopo che l’Argentina era stata raggiunta due volte e si era sul 2-2, tirò fuori dal cilindro una delle sue magie, un tocco delizioso che lo scattante Burruchaga trasformò nel gol dell’agognato trionfo, davanti a centomila spettatori. E fu davvero Maramondo, il sogno che si realizza, un Mondiale vinto da solo, impresa che stava per ripetere quando portò l’Argentina di Dezotti e Troglio in finale a Italia ‘90.
Ma in quei giorni messicani del 1986 Maradona fu anche campione di modestia. Scrisse infatti un pezzo per un libro, una raccolta di articoli su quel Mondiale, che «ha vinto l’Argentina, non solo Maradona, ha vinto dimostrando di essere la più forte e io sono Campione del Mondo come gli altri». Ma sapeva bene che non era vero, e che lui era stato il migliore 10 di tutti i tempi.