Lilian Thuram al Festival: “Il razzismo è una trappola”
L’ex difensore della Juve non ha risparmiato una stoccata a miti del calcio, come Pelè (“Non ha mai detto molto contro il razzismo, quando sei a certi livelli devi prendere la parola per aiutare chi è in difficoltà”, ha affermato), mentre ha elogiato Maradona (“Ha sempre risposto no al potere”) e Messi, che “rimarrà uno dei più grandi giocatori di tutti i tempi”
TRENTO. Calcio e valori, sport e impegno sociale. Lilian Thuram, campione sul campo e nella vita, ha portato al Festival dello sport di Trento la sua riflessione sulle vittorie calcistiche e la testimonianza nella lotta al razzismo. Rispondendo alle domande di Massimo Arcidiacono dal palco del Teatro sociale l’ex calciatore di Parma e Juve, campione del mondo e d’Europa con la Francia multietnica, ha ricordando i momenti salienti della sua carriera e ha lanciato un invito alla solidarietà senza confini e differenze di origini.
Uno sguardo in cui non ha risparmiato una stoccata a miti del calcio, come Pelè (“Non ha mai detto molto contro il razzismo, quando sei a certi livelli devi prendere la parola per aiutare chi è in difficoltà”, ha affermato), mentre ha elogiato Maradona (“Ha sempre risposto no al potere”) e Messi, che “rimarrà uno dei più grandi giocatori di tutti i tempi”.
Il viaggio a ritroso parte dalla foto proiettata di Parma, la città dove Thuram cominciò l’esperienza calcistica in Italia. “Una città bellissima - risponde il campione -, in cui sono arrivato nel ’96 e con la bicicletta sono arrivato in piazza Duomo. Non c’era nessuno, pensavo il tempo si fosse fermato. Era la mia prima volta all’estero. Poi mi sono innamorato della città, i miei due figli sono nati a Parma”.
Dall’Emilia a Torino, alla Juventus. Un percorso di crescita in continuità: “Io ho avuto la fortuna di giocare con giocatori importanti come Cannavaro e Buffon, a Parma e anche alla Juve. Sono dei fratelli. E con la Juventus quando vai in campo devi soltanto vincere: è una cosa bellissima”.
Poi la vittoria nel mondiale con la Francia multietnica e vincente, un successo che ha travalicato i confini dello sport. “Prima di tutto - ricorda Thuram -, il fatto di aver vinto il mondiale era un sogno. Una cosa incredibile. Dopo la vittoria è uscita questa tematica, che eravamo una squadra Black-Blanc-Beur, di tutti i colori. Per me, nato in Guadalupa, cresciuto in Francia dove c’è una grande diversità di origini, era una cosa evidente. Perché aspettare di vincere un mondiale per accettare una cosa che è lì e non vuoi vedere? Così il mio Paese ha dovuto riflettere su razzismo, una cosa positiva che ha permesso alla Francia di crescere”.