I "social" contro i governi: "Basta spiare gli utenti"
«Lo spionaggio dei governi su internet è una minaccia per la democrazia e un ostacolo all’innovazione tecnologica». Dopo lo scandalo Datagate rivelato da Edward Snowden e dopo aver acconsentito per anni alle richieste dei governi, ora Google e Facebook cambiano strada. E si schierano con i loro utenti, sempre più diffidenti. Questione di interesse, soprattutto...
«Lo spionaggio dei governi su internet è una minaccia per la democrazia e un ostacolo all’innovazione tecnologica»: non usa giri di parole il co-fondatore di Google, Larry Page, nel condannare il «Grande Orecchio» dei servizi segreti americani, la cui massiccia attività di sorveglianza è stata smascherata dalle carte di Edward Snowden. Una invasione nella vita dei cittadini che finora la Casa Bianca stenta a riformare con incisività, irritando non poco i colossi del web, che comunque per anni si sono piegati alle volontà dei governi sull’acquisizione dei dati, senza mai informare adeguatamente i loro utenti.
L’affondo del co-fondatore di Google arriva a pochi giorni dalla clamorosa protesta di Mark Zuckerberg, che è arrivato a chiamare personalmente il presidente Barack Obama per lamentarsi delle intrusioni della Nsa su Facebook, violando sistematicamente gli account degli utenti del più famoso social media al mondo. «Il governo dovrebbe difenderci, non spiarci», aveva denunciato Zuckerberg.
E Page, intervenendo ad una conferenza a Vancouver, in Canada, ribadisce il concetto del suo «collega» della Silicon Valley: «È estremamente deludente che il governo abbia fatto tutto quello che ha fatto più o meno segretamente, e che non ce l’abbia mai detto».
Brucia a Google, come a tutti gli altri giganti di internet, il fatto che ormai migliaia di utenti non si fidino più dei social network o dei fornitori di servizi Internet e che sospettino connivenze con amministrazione e intelligence, sospetti che per altro sono praticamente certezze. Dal 2001, dal Patriot Act contro il terrorismo, infatti, la privacy di messaggi, e-mail, dati personali e molto altro è stata praticamente carta straccia.
E ora che gli utenti di Facebook, Google e molti altri lo sanno, le società "social" temono ripercussioni finanziarie notevoli. Ecco il perché del cambio di marcia e di strategia.
Per Page, quindi, non basta appellarsi alla minaccia del terrorismo per giustificare un’azione così invadente da parte dell’intelligence Usa. I programmi della potentissima National Security Agency (Nsa) sono al di fuori di ogni rispetto della regola del buon senso, rispondono a poteri pressoché illimitati che Google, come altri, non possono più tollerare.
«Va bene coprire informazioni legate a indagini sul terrorismo, ma i criteri in base ai quali gli 007 possono agire devono essere resi pubblici, devono essere trasparenti», esorta il numero uno di Google, auspicando un dibattito vero su questo tema. Un dibattito serio senza il quale ogni riforma dell’amministrazione Obama non servirebbe a nulla.
«Non possiamo avere una democrazia che non funziona. Ed è triste - aggiunge Page, cercando di convincere milioni di utenti sempre più diffidenti - che Google sia nella posizione di dovervi proteggere, di proteggere i suoi utilizzatori da quello che il governo fa in segreto, senza che nessuno ne sappia niente». Il fondatore di Google si è detto quindi preoccupato che per reazione a questa azione di spionaggio non si possano più usare dati personali a fini benefici: «Quello che temo è che si butti via il bambino con l’acqua sporca».
Intanto Page, proprio a proposito di beneficenza, rilascia anche una dichiarazione che fa discutere: «Alla propria morte è meglio lasciare tutti i propri soldi a capitalisti con grandi idee, idee in grado di cambiare il mondo». Parole in netto contrasto con un’altra generazione della Silicon Valley, quella di Bill Gates, che della filantropia ha fatto uno stile di vita.