Internet sott'acqua la tecnologia è italiana
Il passato remoto ed il futuro della tecnologia si sono incrociati ieri nel porto di Cesarea (Israele) quando un team di esperti italiani ha scandagliato i resti sommersi del porto costruito 2000 anni fa da re Erode ricorrendo ad una sorta di «rete internet subacquea», molto pionieristica nel suo genere, basata non su wi-fi ma sulla utilizzazione di onde acustiche.
«Abbiamo preso spunto dalle comunicazioni acustiche dei delfini» ha detto Marco Merola, responsabile della comunicazione di Wsensè, azienda collegata all'Università la Sapienza di Roma.
L' iniziativa chiamata «Archeosub» è nata dalla unione di due progetti: uno dalla Sapienza di Roma che con 'Wsensè si è occupata della rete di comunicazione subacquea, e l'altro dell'Università di Firenze e della sua collegata 'Mdm' che ha sviluppato un drone autonomo di ultima generazione, chiamato 'Zenò. Al suo finanziamento ha partecipato l'agenzia europea 'Easmè per le piccole e medie imprese. Utilizzando una rete di nodi sensori e di droni sottomarini senza cavi, i sub sono adesso in grado di dialogare mediante tablet via chat fra di loro e anche con gli operatori in superficie.
«Non riesco a crederci. Grazie al tablet ho scambiato messaggi in tempo reale con i membri del team mentre ero sott'acqua» ha sottolineato Dror, un sub del Dipartimento israeliano delle antichità che ha invitato gli esperti italiani a fare un test dimostrativo a Cesarea.
«Prima noi sub, sott'acqua, comunicavamo gesticolando. Oggi possiamo perfino rilanciare in tempo reale una fotografia dai fondali».
«Purtroppo in due terzi del nostro mondo, ossia la parte coperta dall'acqua, internet è oggi precluso» ha fatto notare la professoressa Chiara Petrioli (La Sapienza). «Ma 10 anni fa - ha spiegato - è partita una sfida e oggi siamo finalmente in grado di testare qua questa tecnologia, che è italiana».
Nella dimostrazione fornita al Dipartimento israeliano delle antichità è stata scandagliata una parte del fondale all'imbocco dello storico porto di Cesarea al cui ingresso si trovavano due statue enormi, perdutesi nel tempo. Gli studiosi vogliono ora comprendere se il rapido declino del porto sia da attribuirsi ad un cataclisma, oppure alla cattiva manutenzione delle sue strutture. Due sub si sono immersi ad una profondità di circa otto metri. Avevano con sè tablet con cui - grazie al drone che utilizza le onde acustiche e ad una boa dotata di una antenna wi-fi - hanno comunicato in tempo reale con altri membri del team. Senza ormai più cavi sottomarini, e senza altre lungaggini. In questo test, secondo la prof. Petrioli, «è stato provato un sistema integrale, funzionale a dare una risposta alla scoperta, al monitoraggio e alla valorizzazione di siti archeologici sommersi». Ma in futuro quella tecnologia potrebbe servire anche per esplorare e conoscere le profondità oceaniche. Sarebbe allora un 'internet degli abissì, che potrebbe forse influenzare le sorti della umanità.