Giovani superconnessi ma non comunicano
«Superconnessi», i giovani di oggi sono in realtà scollegati dal prossimo, ma dare la colpa alle nuove tecnologie digitali, ai social e alle chat è solo un modo per distogliere l’attenzione dalla necessità di educarli. In primis occorre insegnare loro a connettersi veramente con il prossimo, riconoscendolo e rispettandolo. Lo spiega lo psicoterapeuta Domenico Barrilà, autore del libro «I superconnessi, come la tecnologia influenza le menti dei nostri ragazzi e il nostro rapporto con loro» (URRA Feltrinelli), che aggiunge: il problema parte dagli adulti, gli stessi che, pur lamentando l’uso eccessivo di smartphone e web dei propri figli, mostrano di non avere controllo sul loro rapporto con i dispositivi digitali. «I figli imparano dai nostri comportamenti, non dalle parole, è impossibile portarli dove noi stessi non sappiamo arrivare - spiega Barrilà - dunque un genitore che utilizzi in modo immaturo gli strumenti digitali perde autorevolezza e lede le sue chance di correggere i figli»”.
«I giovani nell’ansia di voler essere costantemente ‘connessi’, trasferiscono il bisogno di “legami” - continua l’esperto. Quindi più che mettere sotto accusa le nuove tecnologie, dovremmo preoccuparci di munire i figli di solidi sentimenti comunitari».
«La Rete - precisa - è un caso particolare di vita sociale, che rivela perfettamente, magari esasperandoli, gli orientamenti profondi dei nostri figli. Dice chi siamo veramente. Sui social i ragazzi veicolano l’immagine che si sono fatti di sé, drammatizzano, come in una recita, ciò che credono di essere».
Tuttavia in Rete si agisce senza investire il proprio volto, la propria corporeità, dunque in modo molto più disinibito, col rischio di smettere di rispettare la sensibilità e lo spazio altrui. Ma non serve «disconnettere» i figli dal mondo digitale, piuttosto, conclude, è ora di riappropriarsi della nostra responsabilità educativa favorendo in loro lo sviluppo dello spirito cooperativo per salvarli dagli eccessi.