Valle dei Laghi: la sfida del biodistretto
Un serio progetto di innovazione parte dagli agricoltori, con l’ambizione di caratterizzare la Valle dei Laghi come territorio della sostenibilità attraverso la condivisione del modello «bio»: per creare sviluppo economico compatibile nei vari settori, benessere e qualità, recuperare terreni incolti. Parliamo del Distretto biologico della Valle dei Laghi: una sfida lanciata da un nucleo «forte» di proponenti: in primis Cantina Toblino, affiancata da Cooperativa frutticola Valli del Sarca, Ferrari spumante, Osteria e azienda agricola Toblino, Centro trentino di solidarietà
Un serio progetto di innovazione parte dagli agricoltori, con l’ambizione di caratterizzare la Valle dei Laghi come territorio della sostenibilità attraverso la condivisione del modello «bio»: per creare sviluppo economico compatibile nei vari settori, benessere e qualità, recuperare terreni incolti.
Parliamo del Distretto biologico della Valle dei Laghi: una sfida lanciata da un nucleo «forte» di proponenti: in primis Cantina Toblino, affiancata da Cooperativa frutticola Valli del Sarca, Ferrari spumante, Osteria e azienda agricola Toblino, Centro trentino di solidarietà. I contenuti sono in un Protocollo d’intesa, condiviso dalla giunta della Comunità di valle, e che ha trovato l’adesione di altri protagonisti: Vignaioli, Cassa rurale, Apt.
Ma cos’è un Biodistretto? Come si costruisce? E con quali vantaggi? «Il progetto - spiega il presidente della Cantina Toblino, Bruno Lutterotti - nasce dalla realtà viticola che da alcuni anni si è implementata su uno standard simil-bio, per far crescere la professionalità dei soci e rispettare le linee guida che l’azienda Ferrari dà ai conferenti. A questo punto è nato in noi un ragionamento, basato sul fatto che la valle è ancora in gran parte rurale; il Biodistretto mira a creare un territorio omogeneo e a valorizzarlo, con l’ambizione di trasformarsi in motore dello sviluppo economico. Ma non è una forzatura, perché nasce dal basso. È un percorso, un cammino lento».
«Nel 2011 - riassume Marino Gobber, tecnico della Fondazione Mach - è stata incentivata la produzione con l’uso delle sole sostanze ammesse dal biologico, estendendola a tutte le uve a base spumante della Cantina. Molte aziende coinvolte nel progetto hanno esteso questo tipo di difesa all’intera produzione». Non ci si è arrivati per caso: «L’ambiente molto asciutto della valle è favorevole, ma si è lavorato sull’equilibrio dei vigneti, riducendo il vigore, sulla gestione agronomica, con la spollonatura e la sfogliatura fatte per tempo, e nei momenti di intervento con tempestività e attenzione. L’eliminazione del diserbo chimico ha stimolato un diverso rapporto con il terreno, in molte zone è stato introdotto il sovescio. Un aspetto importante - conclude - è che quello che serve per fare un’uva di qualità coincide quasi totalmente con ciò che è indispensabile nella produzione bio, ma va ricordato anche il rispetto della vocazionalità della zona nella scelta varietale».
A Sarche, intorno alla Cantina Toblino, che è certificata bio, si estendono circa 40 ettari a vite in conversione verso il biologico. Al Moscato bio, la Cantina affiancherà a breve altri vini con il marchio. In valle ci sono poi gli altri produttori biologici certificati, alcuni dei quali producono seguendo criteri biodinamici. Zona vocata per i bianchi, la Valle dei Laghi produce soprattutto Chardonnay, Müller Thurgau, Pinot Grigio oltre a varietà autoctone come il Nosiola (oltre il 40% della produzione provinciale è qui). Non mancano i rossi, dalla Schiava al Merlot, dal Pinot Nero al Rebo. Ma se a «trainare» è la realtà viticola, nella direzione del Biodistretto ci sono anche produttori frutticoli ed orticoltori, così come i promotori auspicano che possano fare anche altri settori, sulla base di una pianificazione urbanistica coerente con gli obiettivi di sostenibilità e rispetto delle aree rurali. Ma quali passi servono per arrivare al Biodistretto?
«Come giunta - spiega il presidente della Comunità della Valle dei Laghi, Luca Sommadossi - abbiamo recepito i contenuti del protocollo, anche perché veniamo da un paio d’anni spesi sui temi della green economy. È stato costituito un gruppo di lavoro per definire le linee strategiche del Distretto. Occorrerà definire una sorta di regolamento, che può poi essere allargato a chi si muove in questa ottica in altri settori: la logica del Biodistretto può contaminare il ricettivo, l’edilizia, l’artigianato, il percorso parte dal basso. Si pensa ad un marchio di qualificazione, a fare formazione e informazione, a coinvolgere le scuole. Senza dimenticare la filiera locale del pane avviata di recente».