Eva Klotz e l'emergenza Covid «Ormai chiaro che l'Alto Adige non ha niente a che fare con l'Italia»
«Le critiche al centralismo romano e l’invito ad un maggiore coraggio nelle misure per il coronavirus sono importanti, ma non efficaci». Lo afferma l’ex consigliera provinciale di Süd-Tiroler Freiheit, Eva Klotz, commentando la presa di posizione del presidente della Provincia di Bolzano, Arno Kompatscher, sull’ultimo Dpcm del presidente del consiglio.
Per Eva Klotz, ci vuole «più coraggio per l’autodeterminazione»: «Bisogna tirare le conseguenze. Occorrono passi concreti per esercitare il diritto all’autodeterminazione in Alto Adige». Kompatscher ed il segretario politico della Svp, Phoilipp Achammer, sostiene Klotz, «non hanno nemmeno il coraggio di affermare chiaramente che l’Alto Adige non è Italia e che sta diventando sempre più chiaro che l’Alto Adige non ha futuro con l’Italia». «C’è bisogno di pressione democratica da parte del popolo, che crede che l’appartenenza allo stato italiano sia sempre più dannosa, in modo che le autorità politiche prendano finalmente provvedimenti efficaci, invece di attuare i decreti ministeriali romani», conclude Klotz.
COSA HA DETTO KOMPATSCHER: DECRETO CONTE? TARDIVO E CENTRALISTA
Con il nuovo decreto del presidente del consiglio dei ministri, «si procede in modo centralistico mostrando scarsa fiducia nel senso di responsabilità dei cittadini». Così il presidente della Provincia di Bolzano, Arno Kompatscher, commenta le misure decise dal governo per la fase 2 dell’epidemia.
Nonostante alcuni alleggerimenti rispetto alle restrizioni in vigore, questi arrivano, secondo Kompatscher, «troppo tardi e in forma troppo timida». Le regole, le date e le prescrizioni contenute nel nuovo decreto sono caratterizzate, secondo il presidente altoatesino, da «un approccio centralistico e burocratico, espressione di una totale assenza di fiducia da parte dello Stato nelle sue cittadine e cittadini».
«Nelle numerose videoconferenze che ho avuto con gli esponenti del governo ho più volte chiesto che a livello statale per la fase 2 fossero emanati solo criteri e linee guida - prosegue Kompatscher - Si sarebbe dovuto lasciare alle Regioni e alle Province autonome la decisione finale su quali provvedimenti e regole adottare, sulla base delle rispettive situazioni epidemiologiche e delle specifiche esigenze dell’economia locale». Così non è stato anche perché, ricostruisce Kompatscher, «i presidenti delle altre Regioni hanno adottato solo per pochissimo questo approccio autonomista, per poi dichiararsi d’accordo con regole dettagliate e centralizzate, probabilmente per evitare di doversi assumere direttamente la responsabilità delle decisioni».
Il risultato è stato ora «un regolamento molto centralistico, che non rende possibile alcun provvedimento specifico per le esigenze dell’economia altoatesina». «L’approccio romano, che presuppone cittadini quasi inabili e di conseguenza un ampio programma di controlli e monitoraggi, non rispecchia né la situazione attuale in Alto Adige né il carattere stesso della nostra popolazione», conclude Kompatscher che ribadisce la richiesta di un ampliamento degli spazi di manovra dell’autonomia.