Uccisa nel Milanese durante il lockdown mentre dormiva: l’omicida viveva a Bressanone
"Voleva lasciarmi, l'ho ammazzata", aveva detto Vena ai carabinieri di Cassano D'Adda, poche ore dopo il delitto.
MILANO. Non fu premeditato l'omicidio di Alessandra Cità, tranviera di 47 anni uccisa con un fucile a pompa mentre dormiva dall'operaio 48enne Antonio Vena, nella tra il 18 e il 19 aprile 2020, durante il lockdown per il Covid, a Truccazzano, nel Milanese. Lo ha stabilito la Corte d'Assise d'Appello di Milano che, pur non riconoscendo l'aggravante della premeditazione ma solo quella del vincolo della relazione affettiva, ha comunque confermato la condanna all'ergastolo per l'imputato.
Le motivazioni della sentenza saranno depositate entro 60 giorni. In primo grado la corte d'Assise di Milano aveva accolto la tesi del pm Giovanni Tarzia, secondo il quale l'omicidio era stato organizzato. Vena, difeso dall'avvocato Paolo Tosoni, era anche stato denunciato in passato da un'altra donna, la ex moglie: aveva tentato di speronarla con l'auto e in un'altra occasione la aveva anche picchiata con calci e pugni. Stando all'inchiesta, l'operaio e la vittima si conoscevano da molto tempo e avevano iniziato una relazione sentimentale circa 9 anni prima dell'omicidio.
Nell'ultimo periodo vivevano a distanza: lui a Bressanone, in provincia di Bolzano, e lei nel comune dell'hinterland del capoluogo lombardo. A causa dell'emergenza Coronavirus, Vena era in ferie forzate e da un paio di settimane viveva nell'appartamento insieme alla donna, che lo aveva ospitato in casa sua e che, però, voleva interrompere la relazione. "Voleva lasciarmi, l'ho ammazzata", aveva detto Vena ai carabinieri di Cassano D'Adda, poche ore dopo il delitto.