Addio a Marino Berti, l'ultimo dei "ciuaròi" ledrensi, custode di un’antica arte perduta
Si è spento a 93 anni: non solo testimone di un’epoca antica, ma anche persona sempre in fila nel volontariato e nell’impegno sociale della sua terra
LEDRO. La comunità ledrense si è raccolta nella chiesa parrocchiale di Molina per dare l'ultimo saluto a Marino Berti, custode dell'arte dei ciuarói (chiodaioli) e pilastro sociale. Il suo grande cuore ha cessato di battere sabato sera, circondato dall'affetto dei suoi cari e dall'eterea serenità che Pur gli ha sempre trasmesso.
In effetti più che «figlio del mare», come vorrebbe l'etimologia del suo nome, è stato figlio della montagna: innamorato della natura che lo circondava, ha guardato alle cime di Ledro per forgiare la sua tenacia.
A dare il doloroso annuncio alla popolazione, arrivato durante le prime ore della Domenica delle Palme, sono stati i figli Marina, Flavia, Michele e Marco e l'amata moglie Ester, eredi dei valori più reconditi del suo animo.
Marino, classe 1930, è stato negli anni un vero e proprio vaso di Pandora per la memoria storica locale e, per questo, conosciuto oltre i confini trentini. Mosse i primi passi della sua vita presso le fusine di Molina, dove portava la colazione al padre ciuaról.
A 12 anni comprese che la curiosità verso quella particolare professione territoriale si sarebbe potuta trasformare in un apprendistato e, poi, in un lavoro: in quella via Fucine, dove ha trascorso la sua esistenza, Marino imparò a realizzate le brocche, i chiodi che venivano affissi sotto le suole delle scarpe, scarponi specialmente, affinché se ne preservasse la durata.
I primi tempi erano circa 1.500 le brocche forgiate al giorno; quei quaranta colpi di martello necessari per ciascuna brocca divennero, dal 1943, indispensabili per i piedi dei soldati tedeschi sino al termine della Seconda Guerra Mondiale.
Terminato il conflitto, l'esigenza di questi particolari chiodi andò scemando e Marino fu uno degli ultimi ciuarói a lavorare le brocche fino alla metà degli anni Cinquanta. Da allora, si dilettò nella produzione creativa, affiancando a questo suo passatempo la militanza nei Vigili del fuoco volontari di Molina, ma anche alla presenza entusiasta nella macchina del volontariato locale.
Messo comunale fino agli anni Ottanta e custode forestale fino al 1989, si dedicò con cura e abnegazione nel Coro parrocchiale di Molina, nel Coro Cima d'Oro, nelle attività del comitato per la celebrazione del Corpus Domini e della Madonna Addolorata di Barcesino.
Più di ogni altra cosa, promosse il Comitato delle Quarant'ore di Molina e il Comitato dei Ciuarói di Ledro, per il quale rappresentò la popolazione a Pribram, presso il santuario di Svata Hora, nella Boemia centrale (luogo in cui gli esuli ledrensi strinsero rapporti d'amicizia e solidarietà).
Grazie alla sua conoscenza in materia di brocche, si trasformò in un insegnante per le successive generazioni della vallata, affascinate da quell'arte antica rimasta nelle mani di Marino come un tesoro dal quale attingere.
Costanti i suoi appuntamenti nella Fucina di Prè, museo e mostra per turisti e scuole trentine. Fu un riferimento per gli studiosi e gli amanti della cultura tradizionale, per la cui diffusione si è speso e prodigato.
L'animo buono di Marino è stato un'àncora partecipativa e complice: mai un evento comunitario mancato; esserci significava donarsi appieno ai giovani di oggi e agli adulti di domani. Quella sincera generosità con cui tendeva una mano a chi si trovava nell'angolo resterà patrimonio ineguagliabile per tutta Ledro.