Michele Rigatti, dalle gare alla scuola guida: «In auto è come avere un’arma tra le mani»
Il 29enne di Nago è istruttore a Riva del Garda: «Ho perso il papà in un incidente stradale 15 anni fa e penso di poter capire quanto la strada può essere cattiva, distruttiva. Questo insegno ai ragazzi. Oggi posso dire di aver trasformato il dolore in forza e coraggio»
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NAGO. Portare avanti la propria passione nonostante il dolore che in essa si è intrufolato non è cosa semplice ma Michele Rigatti, 29enne di Nago, ha saputo trasformare la sofferenza in monito per arrivare lontano. Amante sfegatato dei motori, è salito sulla sella della due ruote ancora bambino.
Dopo gli studi superiori all'istituto «Floriani» a Riva, ha intrapreso un percorso lavorativo di sei anni come consulente di vendita in una concessionaria ad Arco, poi a Trento e Rovereto. Percependosi insoddisfatto, ha cambiato itinerario per inseguire la strada lungo la quale ha sempre sentito il suo cuore battere: diventare istruttore di scuola guida. Un percorso lungo, durante il quale ha fatto i conti con vie impervie e precipizi, tra cui la scomparsa del padre, avvenuta 15 anni fa per un incidente d'auto. Il loro legame, costruitosi tra le mura di casa quanto in pista, ha superato i confini del tempo e dello spazio: da tre anni Michele è istruttore presso l'autoscuola Tonina ed insegna il codice della strada per fare sì che i giovani ambiscano alla guida sicura, senza paura.
Quando è nata la tua passione per i motori?
«Da bambino, volevo provare qualsiasi cosa avesse un motore. A trasmettermi questa curiosità è stato mio padre, anche lui appassionato di moto e auto. Mi faceva salire su furgoni, moto, auto, muletti. Ho fatto anche qualche danno! Il mio primo mezzo è stata una minicross LEM rossa con la quale praticavo motocross e gare a Pietramurata».
Preferivi le due o le quattro ruote?
«Bella domanda! Mi piacciono tutte e due, non sono paragonabili tra loro. Correndo sulle due ruote si vive in velocità e di adrenalina: si ha la percezione del vento e si comprende il senso della libertà, mentre con l'auto si resta "compressi" tra le lamiere, senza nulla togliere alla goduria delle quattro ruote».
Cosa ti ha avvicinato ai rally?
«Ho conosciuto l'ambiente delle gare automobilistiche grazie al padre di un amico che mi ha permesso di partecipare a un concorso organizzato da una scuderia veneta (Michael Racing), una giornata in pista in cui si aveva modo di conoscere e provare le auto da veri piloti. Da lì ho corso qualche gara con il team: gare regionali con le Renault Clio per passare alla Peugeot 207 dalle prestazioni più elevate».
In che modo descriveresti l'ambiente agonistico?
«Dipende a che livello una persona ne prende parte: se regionale, europeo, mondiale. Cambia il tipo di approccio ai weekend di gara, ma la passione fa respirare l'aria di casa. Nelle competizioni in cui ho gareggiato era tutto spartano, rivalità pressoché assente e costante aiuto reciproco pur di divertirsi insieme. Non sono mai riuscito ad iscrivermi in modo costante a causa di mancanza di tempo e di budget. L'unica volta in cui ho preso parte al campionato vero e proprio ho subìto un grave infortunio alla gamba in allenamento con la moto e sono stato costretto a saltare gran parte delle gare, finendo nelle retrovie. Sono stati anni molto belli a cui spero di ritornare, ora sto facendo qualche gara amatoriale con il go-kart, qualche uscita in pista con gli amici. Mi piacerebbe avere l'opportunità di partecipare a qualche campionato».
Oggi sei istruttore di scuola guida: come è cambiato il tuo sguardo verso le corse?
«Esatto, dal 2021 sono istruttore di guida e da poco anche insegnante di teoria presso l'Autoscuola Tonina di Riva. Sogno di portare avanti dei corsi di guida sicura più "racing", organizzando giornate di prova in pista con moto ed auto assieme a professionisti. Al momento, tra gli ostacoli di tutti i giorni c'è quanto ribadito da tutte le autoscuola locali: l'Alto Garda non ha a disposizione un piazzale di dimensioni adatte per eseguire guide delle moto secondo norma di legge. Faccio un appello: chiedo al pubblico e al privato se vi sia qualche spazio utilizzabile. In ogni caso, trasformare la passione in lavoro nasce dal desiderio di trasferire questo amore peri motori ai più giovani».
«Mi piace stare in mezzo ai ragazzi e insegnare loro cose nuove, nonostante siano ancora pochi gli anni di differenza che ci separano. Vorrei dare il mio contributo per migliorare la sicurezza sulla strada, insegnando ai futuri neopatentati che è sempre più pericolosa e che se non ci si comporta secondo le regole diviene fatale. Mentre si guida bisogna essere consapevoli di avere un'arma tra le mani. Non voglio fare la solita "moina" da bar, ma ho perso il papà in un incidente stradale circa 15 anni fa e penso di poter capire quanto la strada può essere cattiva, distruttiva».
Come sei riuscito ad incanalare il dolore della perdita?
«All'inizio non è stato facile, lo ammetto. Far comprendere ai ragazzi cosa può succedere rievocava in me quanto accaduto a mio papà. Ad aiutarmi è stato il tempo: dal suo incidente al mio esordio in scuola guida come istruttore sono passati diversi anni e ho avuto modo di elaborare la sofferenza dovuta alla sua morte. Nonostante la nostalgia che naturalmente è presente in ogni mia giornata, oggi posso dire di aver trasformato il dolore in forza e coraggio per andare avanti, contrastare i problemi e proseguire nella passione che ci ha unito, avendolo così ancora al mio fianco. Tutto questo grazie a chi mi è stato vicino, soprattutto la mia famiglia».
Come ti approcci ai giovani che provano per la prima volta la guida?
«Non siamo tutti uguali: ci sono i più timidi, gli ansiosi, quelli spaventati e i più spigliati, ma il segreto credo sia metterli a loro agio in modo che possano sentirsi liberi di sbagliare senza sentirsi giudicati. Ogni guida permette di instaurare una maggiore confidenza. Si parte dalla spiegazione del mezzo per passare alle tecniche, alla segnaletica e al codice della strada».
Quali sono gli errori più frequenti?
«Servirebbe un manuale per elencare tutti quelli di chi è alle prime armi, come il concepire teoria e pratica in maniera separata. Mi spiego meglio. Una volta superato l'esame di teoria è come alcuni cominciassero da zero, ma non è così. La guida pratica mette in atto ciò che è stato studiato in precedenza. Eppure, appena salgono in auto sembra dimentichino le regole apprese poco prima. Per questo nella parte teorica, oltre al programma standard, mi piace portare esempi banali collegati ai vizi e agli imprevisti in cui potranno imbattersi sulla strada».