Persone / La storia

Cristian Degara, dal lavoro in fabbrica alla liuteria (con massimo dei voti, a Cremona)

Un viaggio come volontario in Africa gli ha aperto la mente: ammesso e diplomato all’Istituto Internazionale Antonio Stradivari, la scuola di liuteria di Cremona, ed ora sogna il suo laboratorio

di Elena Piva

LEDRO. «Il legno è materia nobile e strana - scriveva il poeta e commediografo Luigi Santucci - non è più terra e carne non è ancora; è come il latte, che non è sangue ma è già più dell’acqua». Anche Cristian Degara, residente a Tiarno di Sotto e prossimo ai 29 anni, sta cercando una definizione soddisfacente ma sospetta sia «introvabile», un po’ come chi cerca invano di descrivere ogni arpeggio e suono musicale.

Terminati gli studi superiori al «Floriani», il giovane ledrense aveva iniziato a lavorare alla Mariani, allora stabile a Tiarno di Sopra. Era quella, la direzione della vita. Il trasferimento dell’azienda a Rovereto però smosse qualcosa. Dopo un anno di pendolarismo, Cristian racconta di avere percepito come insostenibile il lavoro in fabbrica: «Mi sentivo costretto a spegnere il cervello e riaccenderlo una volta terminato il turno».

L’idea improvvisa di seguire un parente in un viaggio di volontariato in Africa lo fece quasi sobbalzare: in Tanzania, dopo essersi licenziato, si è lasciato trasportare da ciò che osservava. Chissà se era riuscito ad intravedere l’ombra che il 29 giugno scorso lo ha visto diplomarsi con il massimo dei voti al prestigioso Istituto Internazionale Antonio Stradivari, la scuola di liuteria di Cremona.

Cristian, si è presentato in Africa l’effettivo cambio di rotta?

«Tornato da quel viaggio ho deciso di seguire la mia passione: essendomi sempre piaciuto lavorare il legno, scelsi di aiutare nella segheria di famiglia a Legos. L’arrivo del Covid nel 2020 però ha rimescolato le carte: le restrizioni mi hanno provato molto. Un giorno, a casa, ricordo di aver cercato un modo per unire il legno alla musica, altra mia passione. Con il supporto di un amico, dal nulla mi sono ritrovato a costruire una chitarra classica. Così, rientrando al lavoro, mi sono reso conto che quel piccolo tentativo di studio aveva sollecitato più di una semplice curiosità. Ho tentato l’esame di ammissione a Cremona, dopo aver studiato nelle pause pranzo e non senza paure. Invece, eccomi qua: il 29 giugno ho ottenuto il diploma internazionale di liutaio».

Come descriveresti la “seconda opportunità”?

«A Cremona ho sofferto la distanza, per trasferirmi sono stato costretto a lasciare la squadra di pallavolo C9. Certo, l’internazionalità mi ha aperto gli occhi. La maggior parte degli studenti proveniva da Cile, Stati Uniti, Spagna, Corea, Giappone, Singapore. Ho fatto più volte da guida turistica per loro a Ledro. L’accademia è tosta, molti rinunciano. A salvarmi è stata la conoscenza nella lavorazione lignea grazie all’esperienza in segheria ma è ben altra cosa dal gestire il legno con le proprie mani, aspetto che ti aiuta a cogliere le differenze di ciascuna specifica tipologia».

Ti spaventano le difficoltà del mestiere?

«No, il terrore che provavo tre anni fa era dovuto a quel “se non provo, come starò tra 15 anni?”. Mi sono risposto “Non esiste, non puoi perdere questa occasione”. L’amore per la montagna e per lo sport mi hanno sempre aiutato a sviluppare un’attitudine volta alla determinazione e alla consapevolezza. Il legno insegna ad essere umili: non esce alcun prodotto se non rispetti le sue logiche».

Come ti senti quando lo lavori?

«È molto appagante. Il mio mestiere è pieno di numeri ma posso decidere se togliere o lasciare un decimo di spessore, se dare una limata in più o fare una sgorbiata in meno. La liuteria unisce il razionale all’irrazionale. Nella lavorazione della materia seguo i puristi: in un mondo in cui le macchine completano ogni azione, noi lavoriamo manualmente ed è bellissimo. Certo, ho impiegato un anno per costruire il mio primo violino. Per anni ho suonato la tromba nel Corpo Bandistico e tuttora suono trombone, bombardino e fisarmonica, eppure non avevo mai visto dal vivo neanche una viola. Adesso impiego sette ore per un pezzo che prima richiedeva due settimane. Sono molto autocritico e l’esperienza dei professionisti è l’essenza del mio modo di vedere. Se non vedi non impari. Dal dicembre 2022 lavoro nella bottega di un maestro liutaio che utilizza legno stagionato, poiché gli essiccatoi creano micro-fratture lignee incompatibili con le nostre finalità».

Quali sono le basi per costruire un violino?

«Esige tre dimensioni e una lavorazione perfettamente bilanciata, sul filo del rasoio. Ogni dettaglio ha un motivo proprio.Si tratta l’acero marezzato per fondo, fasce e testa e l’abete di risonanza per la tavola. Quest’ultimo è la chicca: per quanto ritenuto povero, rispetto al noce ad esempio, basti pensare che soltanto una pianta d’abete rosso su cento rispetta i canoni necessari alla realizzazione di un violino e ancora oggi non esiste materiale sintetico che possa sostituirlo».

Aspiri ad aprire una tua bottega?

«Certo, nella mia val di Ledro! Sono disposto a mille compromessi per questo. Dovrò mettere in conto di dedicarmi non solo alla costruzione ma anche al restauro, a piccole manutenzioni e set-up, non mi dispiacerebbe. Mi piacerebbe spaziare nella chitarra classica, la sento più mia. Il mio obiettivo è riuscire a portare un minuscolo contributo in un territorio brulicante di legno. Non sarà facile, a Cremona si respira ogni giorno la liuteria. A settembre devo ritornarvi: mi aspetta la bottega e un convitto studentesco della Curia, dove sono referente. Poi mi concentrerò sul mio ritorno a casa».

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