«La Ue tuteli le aree alpine bisognose di autonomia»
Claudia Soppelsa è una giovane studentessa di giurisprudenza. È bellunese, precisamente dalla vallata agordina, e frequenta l'Università a Trento. Da tempo è un'attivista di primo piano del movimento Belluno autonoma Regione dolomiti, impegnato per favorire un processo di riforma istituzionale che consenta alla provincia dolomitica una forma di autogoverno per rispondere alle esigenze specifiche delle comunità alpine e anche per strignere un dialogo collaborativo più profondo con le vicine Trento e Bolzano.
Nei giorni scorsi la giovane esponente del movimento politico bellunese, che alle elezioni europee ha sostenuto con successo il candidato Svp Herbert Dorfmann, è stata ospite a Bruxelles del Comitato economico e sociale Ue, organismo consultivo per l'attiviutà legislativa dell'Unione secondo le istanze dirette dei suoi cittadini.
Agli interlocutori europei, Claudia Soppelsa ha illustrato le necessità dei territori marginali, in particolare di quelli alpini, di essere dotati di assetti di governo differenziati, di una quota significativa di potere locale per poter mettere in atto politiche calate sulle specificità della montagna che altrimenti subisce gli effetti negativi di legislazioni pensate per le grandi aree metropolitane e di pianura. Come noto, non tutti i territori alpini dispongono di forme reali di autonomia istituzionale e questo è il nocciolo della battaglia politica del Bard.
All'Unione europea la studentessa bellunese ha rinnovato anche la richiesta di un intervento a tutela delle minoranze alpine in generale e nel caso specifico dei 200 mila abitanti della provincia di Belluno, dispersi in un enorme territorio e demograficamente quasi irrilevanti all'interno dell'attuale regione di appartenenza (circa un quinto del territorio veneto, appena il 4% della popolazione complessiva, soltanto due consiglieri su cinquanta a Venezia).
LA TESTIMONIANZA DI CLAUDIA SOPPELSA PER L’ADIGE.IT
E IL TESTO DEL SUO INTERVENTO A BRUXELLES
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«La domanda fondamentale nello stanziamento di denaro da parte del governo politico è: che cosa stanzio dei soldi se tanto la gente non vuole restare in certe zone?
A questo punto, l’indebolimento delle comunità di montagna diventa la causa e non l’effetto delle politiche di abbandono.
La gente se ne va perché non ama il posto in cui è nata o perché è costretta ad andarsene?
Grafico: Belluno ha il 4,2% della popolazione del Veneto e occupa il 20% del territorio. Vasto, complesso ma con poca popolazione, in costante declino. Di conseguenza possiede solo 2 consiglieri regionali su 50.
Questo dimostra quanto i nostri interessi contano a livello politico.
Il peso sociale di giovani e anziani (grafico): la curva che sta precipitando è quella dei giovani, quella degli anziani sta crescendo, rischia di diventare un territorio desertico.
Se si parla di territorio e zone rurali, niente meglio dell’agricoltura può far capire quanto le persone sono attaccate alla terra e al territorio. Dal dopoguerra al 2001 il settore agricolo è calato del -97%, solo l’1% delle persone lavorano nell’agricoltura. I nostri problemi a livello nazionale sono iniziati con la Spending Review nel 2011. Il governo tecnico di Monti doveva rispondere alla crisi economica, l’Europa aveva imposto tagli: gli enti locali non servono, sono spreco di risorse.
Ciò ha significato un forte accentramento nel governo di Roma con il primo tentativo di abolizione delle Province. Credo che per questo motivo, anche i recenti accaduti in Grecia stiano avendo delle ripercussioni forti sugli enti locali, perché anche le politiche economiche europee vanno sempre più un Bruxelles-centrismo che tende ad uniformare tutta Europa e che gli Stati al loro interno riproducono.
Stamani si è parlato di valori fondamentali dell’Ue: solidarietà e coesione ad esempio. Quand’è che coesione ed esigenze di uniformità sono diventati sinonimo di omologazione?
Pensare che una legge possa andare bene per tutto il territorio mi sembra burocrazia, una politica avulsa dalla realtà e dal territorio. L’Italia ad esempio ha una percezione di sé molto urbana, ma è per la stragrande maggioranza rurale e montana (basti pensare alle Alpi).
Per questo motivo sono qui non solo per portare le istanze di Belluno, ma anche delle altre aree montane alpine che peccano di rappresentatività.
Si è parlato anche di schizofrenia stamani: al di là di Cese e del Comitato delle Regioni che sono organi consultivi, nell’Ue non c’è spazio per le politiche territoriali, non c’è spazio per noi.
I territori incontrano difficoltà ad avanzare pretese, ciò porta l’indebolimento del senso di comunità per L’Ue.
Non credo che l’Ue possa lamentare il disinteresse e lo scarso senso di appartenenza dei suoi cittadini, quando c’è un totale disinteresse verso gli enti locali, che nella percezione delle persone sono i più vicini. Perché non inizia a dialogare con gli enti locali, invece che solo con gli Stati nazionali?
Ad esempio, la Convenzione delle Alpi tutela le peculiarità naturali e le risorse del territorio montano, è stata ratificata da molti Stati, tra cui l’Italia, e anche dall’Ue. Ma di fronte alla violazione del trattato da parte dell’Italia, ad esempio di fronte ai milioni di euro di danni causati dallo sfruttamento dell’acqua per la produzione di energia idroelettrica, ci viene solo detto che l’Ue o non vuole o non può difenderci sanzionando l’Italia, quando in tempo zero è intervenuta a difesa degli interessi Usa in Ucraina con un embargo russo che penalizza le nostre imprese, pur non essendo affar suo.
Personale opinione: forte con i deboli e debole coi forti? Non dico che sono euroscettica, ma che lo scheletro istituzionale Ue andrebbe rivisto aggiungendo le istanze anche dei territori.
Le persone avvertono per l’Ue un senso di appartenenza a questa comunità di persone (ex. mi sento europeo non americano o cinese), un senso di connessione emotiva, ma mancano il potere (potere del singolo di poter influire nella propria comunità) e l’integrazione e soddisfazione dei bisogni da parte dei singoli individui.
Finché la Ue non penserà a soddisfare i bisogni anche marginali, credo che il senso di cittadinanza europeo sia difficile da creare in poche generazioni».