Acrobazia di un apparecchio militare Usa trancia i cavi della funivia: 20 morti, 3 italiani
Erano da poco passate le 3 del pomeriggio del 3 febbraio 1998, quando l’insipienza umana si è purtroppo trasformata in tragedia. Un Prowler, un aereo utilizzato dall’aviazione degli Stati Uniti tranciò le funi di sostegno del tronco del primo tratto della funivia del Cermis.
Al comando del velivolo c’era il capitano dei Marines Richard Ashby, decollato dalla base di Aviano per un volo di addestramento. Ormai priva di sostegno, la cabina, sulla quale stavano viaggiando venti persone, precipitò da un’altezza di 80 metri.
Ai testimoni increduli e ai primi soccorritori, la scena si era presentata nella sua gravità, mentre il Prowler, sia pure danneggiato, era riuscito a tornare alla base. Nessun superstite. Sono trascorsi 18 anni da quella tragedia, ma il dolore e la rabbia per quello che è successo sono sempre forti.
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LE VITTIME
Marcello Vanzo (Cavalese, Trentino), Maria Steiner-Stampfl (Alto Adige, Bressanone), Edeltraud Zanon-Werth (Alto Adige, Bressanone), Anton Voglsang, Sonja Weinhofer (Austria); Jürgen Wunderlich, Uwe Renkewitz, Annelie Urban, Harald Urban, Marina Mandy Renkewitz, Michael Pötschke, Dieter Frank Blumenfeld (Germania); Ewa Strzelczyk, Philip Strzelczyk (Polonia); Stefaan Vermander, Rose-Marie Eyskens, Sebastian Van den Heede, Stefan Bekaert, Hadewich Antonissen (Belgio); Danielle Groenleer (Olanda).
L' AMMISSIONE
«È colpa nostra, dobbiamo pagare per queste vittime». È il passaggio più significativo del documento redatto il 10 marzo 2008 - ad un mese dalla tragedia - dal comandante dei Marines Peter Pace. Nella relazione la causa dell’incidente viene imputata ad un errore dell’equipaggio, per il quale vengono chiesti «Provvedimenti amministrativi e disciplinari».
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RISARCIMENTO
Per i familiari delle vittime del Cermis ci fu un maxi-risarcimento di circa 3,5 miliardi di lire per ogni persona che ha perso la vita nell’incidente. I piloti rimasero di fatto impuniti, visto che pilota e navigatore vennero assolti dall’accusa di omicidio colposo plurimo, e il primo fu condannato solo per aver distrutto la registrazione video del volo. Non fu possibile processare i militari in Italia per via di una norma del 1951.