La Valle di Fassa non è questa
«Non mi aspettavo che la Val di Fassa potesse arrivare a tanto». Sono le parole pronunciate da Carlo Spagnolli, il medico roveretano che da decenni vive e lavora in Africa
«Non mi aspettavo che la Val di Fassa potesse arrivare a tanto». Sono le parole pronunciate da Carlo Spagnolli, il medico roveretano che da decenni vive e lavora in Africa. Un volto conosciuto in tutta la regione, in particolare in Val di Fassa, che ha fatto del suo mestiere, quello di medico-chirurgo, una missione di vita. La sua è una voce indignata, quasi incredula per quello che è successo a Soraga, dove nei giorni scorsi qualcuno ha tentato di dare fuoco alla pensione Ombretta, la struttura che era stata scelta dalla Provincia per ospitare una trentina di richiedenti asilo.
A colpire il medico è il fatto che un atto del genere, già di per sé ingiustificabile in ogni dove, sia avvenuto proprio qui in una terra dove ha sede LifeLine Dolomites, l’associazione di Pozza di Fassa, guidata da Claudo Merighi, che gestisce i fondi di privati e pubblici per diversi progetti e iniziative realizzate in Zimbawe, dove opera Spagnolli.
Come ad esempio, solo due anni fa, l’acquisto di strumenti indispensabili per la diagnostica delle malattie cardiache, destinati all’ospedale provinciale di Chinoyi, la prima struttura pubblica del Paese a possedere ecografi ed elettrocardiografi. Il tutto in una realtà, dove i suoi oltre dodici milioni di abitanti devono rivolgersi all’estero per qualsiasi tipo d’esame che riguarda il cuore.
«Come facciamo a chiamare selvaggi quelli che vengono dall’Africa? I selvaggi siamo noi, che non siamo neanche capaci di accogliere chi fugge da guerre e povertà» continua il medico, dispiaciuto perché «questa non è l’immagine del Trentino che conosco». Il dottor Spagnolli, che al momento è in Italia, ma che con la testa è sempre nel suo Zimbawe, in Val di Fassa è stato ospite di diverse serate e feste di solidarietà. «Ci vengo molto spesso da queste parti. Quello che è successo non rappresenta questa comunità, ci tengo a sottolinearlo - aggiunge - Qui ho trovato gente di cuore. Fatti come questo, e come quello di Goro in Emilia-Romagna, sono l’immagine peggiore che l’Italia può dare di sè. Chi fa muro oggi, dovrebbe venire in Africa e vedere con i propri occhi che cosa spinge queste persone ad abbandonare le proprie case».