«Il punto nascite non deve chiudere»
«Se dovesse chiudere il punto nascite di Cavalese sarebbe una gravissima perdita, anche nei confronti di altre Regioni: solo il Trentino riuscirebbe a fare quello che in Veneto e in Lombardia non avviene».
È il pensiero del dottor Franco Bonadiman, per dieci anni e fino a tutto il 2011 primario di ginecologia e ostetricia all’ospedale di Fiemme. Bonadiman, che svolge tutt’ora attività privata a Predazzo, ha ancora tantissime pazienti nelle valli di Fiemme e Fassa.«La popolazione ha perso fiducia in un reparto maternità che funziona in maniera discontinua e si rivolge a Trento o a Bolzano - aggiunge - e si avverte un forte disagio».
Quali reali possibilità ci sono, secondo lei, per il mantenimento del punto nascita?
L’ospedale di Cavalese ha una grande tradizione perché nato nel 1955, è lì da 60 anni, ha sempre lavorato molto bene e da tutti i direttori della sanità trentina è sempre stato considerato, per posizione orografica e geografica, un presidio strategico. È vero che ora, con la recessione, si sta facendo una politica accentratrice, ma bisogna guardare alle Regioni vicine: in Veneto ci sono ospedali piccoli come Asiago o Pieve di Cadore che garantiscono continuità nelle 24 ore per i punti nascita, sia per la presenza di ginecologi sia di anestesisti e pediatri.
O guardare agli ospedali del bergamasco e delle valli del bresciano che, pur avendo le stesse difficoltà, garantiscono gli stessi servizi con continuità.
Le difficoltà a Cavalese vanno avanti da oltre un anno, con un drastico calo delle nascite, e ancora non s’intravede una soluzione...
Lo «storico» di Cavalese è attorno ai 300 parti l’anno, quando c’ero io siamo arrivati anche a 330, e si può migliorare arrivando a 400 con l’attività di promozione svolta dall’associazione «Parto per Fiemme». Sono calati vistosamente nell’ultimo anno perché c’è questo trasferimento di massa delle partorienti dovuto alla discontinuità del servizio, che rimane di qualità.
Si riduce tutto a un problema di costi?
Attualmente a Cavalese le sale operatorie funzionano bene con l’attività di ortopedia e di chirurgia, c’è un grosso reparto di medicina che funziona altrettanto bene, c’è il pronto soccorso... mancano servizi essenziali che sono il termometro di un ospedale: un punto nascita che dia un servizio 24 ore su 24 per l’ostetricia e la ginecologia, e la pediatria, che si possono attivare a tempo pieno con costi minimi. E l’ospedale torna a funzionare in maniera eccezionale, come è sempre stato, per la gente che vive qui, per gli albergatori e per i turisti. È importante per un comprensorio che va da Trodena a Penia e che ha più di 35 mila abitanti, senza contare le presenze turistiche, avere tutti i servizi essenziali.
Incentivare i professionisti degli ospedali di Trento e Rovereto per completare i turni in sala parto a Cavalese è la strada giusta?
È importantissimo avere delle équipe che collaborano con l’ospedale centrale. Incentivare medici esperti a coprire alcuni turni al mese a rotazione è la strada giusta, come per altro si sta già facendo con gli anestesisti e si è sempre fatto con i ginecologi. C’è la possibilità, come in Veneto, di tornare all’ospedale di prima, collaborando con Trento, con costi che non incidono granché sulla spesa generale; e si guadagnerebbe in fiducia verso l’ospedale, ma anche verso gli amministratori locali. Vorrei aggiungere, visto che mi occupo da sempre di prevenzione e oncologia...
Dica dottor Bonadiman.
Lo screening mammografico è fondamentale, ed è un esame che deve essere fatto con estrema facilità e senza grande dispersione di tempo e di fatica.
Da un po’ di tempo, invece, è stato tutto trasferito a Trento, con centinaia di donne che si spostano, perdendo una giornata intera di lavoro e con disagio per i familiari. Si lamentano tutte e molte non si presentano.
È indispensabile che questi esami di screening tornino ad essere fatti in val di Fiemme e Fassa, spostando gli operatori da Trento.
Tutte scelte centraliste, lei però vede uno spiraglio, almeno per il punto nascite.
Sono ottimista, spero non sia solo in Trentino che si chiudono i punti nascita periferici.