La presenza del lupo è un problema
Palafiemme pieno per il lupo. Che il tema sia caldo lo hanno dimostrato i tanti ascoltatori rimasti in piedi, nonostante l’aggiunta di nuove file di sedie dell’ultimo momento. All’incontro organizzato da Magnifica Comunità di Fiemme e Comunità Territoriale sul tema «Il ritorno del lupo in Val di Fiemme» sono intervenuti lo scario della Magnifica Comunità di Fiemme, Giacomo Boninsegna, Claudio Groff del Servizio foreste e fauna della Provincia di Trento, l’assessore provinciale alle infrastrutture e all’ambiente Mauro Gilmozzi, l’europarlamentare Herbert Dorfmann e l’assessore provinciale all’agricoltura, foreste, caccia e pesca Michele Dallapiccola, moderati da Mario Felicetti.
Tutti d’accordo: il lupo è un pericolo per l’alpeggio e per la zootecnia alpina delle nostre valli, mette a rischio tutta quell’economia che contraddistingue e determina la zona alpina e la sua presenza deve essere controllata e limitata. Il lupo sta autonomamente tornando sulle Alpi e la sua presenza è sempre più massiccia e impattante. «La causa – come ha spiegato, dati alla mano, Groff – è da attribuirsi alla ricomparsa, a partire dagli anni ’70, dei grossi ungulati, principale fonte di sostentamento di questi predatori».
Nel 2016 il censimento ha registrato circa 2.000 esemplari noti sull’Appennino e quasi 300 nell’arco alpino, inclusi i territori di Fiemme e Fassa, dove è stata accertata la presenza di una coppia adulta. I lupi sono predatori endemici dall’eccezionale adattabilità e il loro numero è destinato a duplicarsi nel giro di tre anni. I danni arrecati agli allevatori dovuti alle incursioni del carnivoro, allo scorso settembre erano di 30.000 euro, non contando i danni di tipo emozionale impossibili da risarcire.
La situazione è drammatica, ha convenuto Dallapiccola. «L’ambiente alpino – ha detto un Gilmozzi molto applaudito – è un paesaggio fortemente modificato dall’uomo, reso tale dal pascolo e dall’economia alpina. Per questo è necessario affrontare la questione in termini politici e culturali, tenendo conto di quella che è la tradizione e la vera natura dei nostri territori. Solo così si potrà scrivere una normativa in grado di dare risposte concrete».
L’europarlamentare Dorfmann ha individuato due priorità. «Prima di tutto – ha detto – c’è bisogno di una normativa più flessibile a livello europeo e poi bisognerà che gli Stati membri mettano in atto manovre di controllo intelligenti e serie. Infatti in Italia – ha proseguito – la situazione è ulteriormente complicata dalle linee ambientaliste che al governo centrale rappresentano una maggioranza». I limiti del confronto sul piano nazionale sono stati evidenziati anche dall’assessore Dallapiccola, che non fa promesse: «Trovare una soluzione non è facile e se dicessi che riusciremo a mettere tutto lo Stivale dalla nostra parte e chiudere la questione vi prenderei in giro».