Tesero vuol dire presepio, e il paese non si arrende al Covid
E’ un filo sottile, in questi mesi difficili, quello della partecipazione di paese e il timore di venir considerati irrispettosi. «Abbiamo pensato a lungo nei mesi di settembre, ottobre e novembre, se istituire come tutti gli anni il concorso dei presepi, ormai una tradizione per il comune di Tesero, oppure se zittirci in attesa di un momento migliore». Anche per Roberto Fanton, presidente dell’associazione Amici del Presepio, la sfida di quest’anno era ardua: ma dopo lunghe consultazioni con i soci instancabili dell’associazione, nel pieno turbine di contagi in una Tesero in cui proprio quell’amore famigliare forse ha favorito la diffusione del covid-19, hanno deciso che neppure il più anomalo Natale di sempre sarebbe stato senza il segno della venuta di Gesù bambino.
«A novembre abbiamo attivato il concorso, assieme al Comune di Tesero e dal 5 dicembre nelle corti e le vie del paese sono tornati la cinquantina di presepi: undici all’interno delle casette di legno erette dall’associazione, e il resto diffuse, rigorosamente all’esterno, tra gli avvolti, i sottoscala, le finestrelle che decorano le nostre abitazioni». Grande apprezzamento per questo segno di vicinanza, che raccoglie su di sé una serie di simboli importanti, ancor più in questi giorni di distanziamento sociale. «Il presepe, per prima cosa, non si fa mai da soli. E’ un insegnamento profondo nell’infanzia di tutte le famiglie teserane, fiemmesi e non solo. Ricordo che da noi si faceva nella camera dei maschietti, con il papà, e mi svegliavo di soppiatto la notte per ammirare da vicino queste statuine meravigliose, illuminate dalle tante lucine che spuntavano dal muschio profumato».
Dal 1965 il gruppo di appassionati del presepio, porta avanti a Tesero la tradizione che spazia dalla creatività di grandi e piccini alla grande abilità nell’intaglio tipica delle genti di montagna, in un fenomeno culturale che si tramanda tra generazioni e che unisce i ritmi profani alla sacralità della festa. Il presepe, oltre ad essere il simbolo dell’immenso valore della famiglia, e del bisogno di tornare al calore degli affetti più veri, nei paesi di montagna è davvero un fatto di comunità.
«Oltre a casa, per tradizione, il presepe si fa anche a scuola, in classe con i maestri. Ricordo che già dai miei tempi, portavamo ciascun scolaro un pastorello, e veniva avvicinato a quello dei compagni vicino alla capanna. Dispiace che quest’anno anche questo simbolo non sia permesso ai nostri ragazzi. Normalmente alla scuola materna, e ai piccoli lavoretti dei bambini, è sempre stato dedicato un posto speciale tra i presepi. Quest’anno lo abbiamo fatto noi per loro, e i bimbi possono visitarli assieme a mamma e papà».
Una serie di piccole attenzioni, quelle dei soci e dei tanti presepisti di Tesero, che non sono sfuggite ai visitatori che, fino al coprifuoco, stanno davvero apprezzando il grande anello che abbraccia il borgo di sant’Eliseo.
«Non è stato facile organizzarci per allestire i presepi - ricorda il presidente Fanton - e tra mascherine, gel e polvere di muschio, ci siamo trovati a reinventare un lavoro in cui si sta normalmente gomito a gomito, cosa che ora fa ragionevolmente timore. Mentre allestivamo però, abbiamo sentito tanti complimenti e ringraziamenti per questo gesto semplice ma venuto dal cuore. D’altronde, fin da piccoli abbiamo imparato che questo piccolo rito di preparazione alla venuta di San Nicolò, di Santa Lucia e di Gesù Bambino, era quasi una formula magica per portare quello spirito di gioia e di umanità, e come tutte le cose preziose della vita, non sempre in casa c’è il tempo di fermarsi tutti assieme allo stesso momento. Diventa un atto che scalda il cuore, per chi ci lavora con pazienza e anche per chi, dopo, potrà ammirarlo e meravigliarsi, tornando bambino ogni volta».