Italia Nostra e l'associazione "Giù le mani dell'ospedale": si torni al progetto della ristrutturazione
Nuove prese di posizione contro l'idea della Provincia di realizzare una nuova struttura
DEGASPERI "La Provincia sblocchi subito i fondi per la ristrutturazione"
RETROSCENA Zanon e Welponer e quei progetti "segreti"
IL CASO Tutti sapevano tutto già un anno fa
CAVALESE. Ambientalisti e associazioni di cittadini col faro puntato sull'ospedale di Cavalese. Dopo le rivelazioni degli scorsi giorni sulle operazioni sotterranee in materia di politica sanitaria, in attesa del consiglio provinciale (il 26 ottobre è attesa la risposta del governatore Maurizio Fugatti circa la questione delle planimetrie del nuovo polo ospedaliero "secretate" per 16 mesi fa), si alza la voce del mondo civico.
Nei giorni scorsi sono state le Acli a dire no ad una «Città della salute» a Masi di Cavalese e sì al recupero dell'ospedale esistente.
Adesso si fanno sentire Italia Nostra e l'associazione «Giù le mani dell'ospedale», che su Facebook conta 3981 iscritti. Per lunedì il gruppo ha annunciato un post di fuoco sulla pagina Fb.
Abbiamo raggiunto la presidente dell'associazione Rita Rasom, che conferma: «Piena solidarietà al sindaco Sergio Finato e alla sua giunta che si battono per la ristrutturazione dell'ospedale (progetto da 47 milioni di euro) e si oppongono alla costruzione di un nuovo polo che costerebbe soldi (da 132 a 138 milioni di euro) oltre che terreno verde (sia che lo vogliano costruire nella piana di Masi sia che vogliano farlo a Predazzo). Vista la scarsità di sanitari nel mercato del lavoro, una nuova struttura sarebbe comunque sovradimensionata. Non ci piace questa politica opaca».
Il malcontento è sempre più social: da destra, Claudio Cia (consigliere provinciale di Fratelli d'Italia) ha avviato una petizione che va nella stessa direzione. A farsi promotrice sui social è Luana Giuri, amministratrice della pagina «Sei di Cavalese se...», moglie di Antonio Ippolito (Fratelli d'Italia).
In consiglio provinciale a parlare di gestione «poco trasparente» e «spendacciona» della sanità trentina è stato soprattutto Filippo Degasperi (Onda Civica).
Grande attesa per la discussione pubblica chiesta dal Pd del Trentino e dall'intera minoranza per voce di Sara Ferrari. In questa vicenda politico-sanitaria-edilizia ora pesa la presa di posizione di Italia Nostra.
«È sconcertante - scrive l'associazione guidata dalla presidente Manuela Baldracchi - che dopo anni di pubbliche discussioni sul potenziamento dell'ospedale di valle, dopo due fasi di concorso, con la progettazione ormai terminata e l'inizio dei lavori fissato in tempo per completare l'opera per le Olimpiadi del 2026, si rimetta improvvisamente tutto in discussione perché un gruppo d'imprese propone di costruire un nuovo ospedale in poject-financing in una zona agricola nel fondovalle, al di fuori di ogni programmazione sanitaria e in contrasto con tutti i livelli della pianificazione urbanistica».
Italia Nostra contesta, nei tempi e nei modi, l'opzione del nuovo ospedale, il partenariato pubblico-privato proposto dall'Ati capitanata da Mak Costruzioni: «Anche se costruire un ospedale pubblico con capitali privati "prestati" in cambio della gestione non è, di per sé, un'eresia - a patto di scegliere un buon progetto e di affidare la gestione a un soggetto di provata competenza specifica nella gestione ospedaliera - l'esperienza del Not di Trento dovrebbe suggerire particolare prudenza. Nelle sue osservazioni sul Not (2013) Italia Nostra aveva già messo in evidenza l'incolmabile distanza tra le imprese in gara per l'ospedale trentino e quelle che in Europa si contendono la realizzazione di ospedali pubblici (si prenda per esempio il Rey Juan Carlos a Madrid). L'errore si ripete».
Baldracchi evidenzia la questione del consumo di suolo vergine: «Il luogo proposto per il nuovo ospedale è un prato a sud dell'Avisio in località Masi, che il Pup e il Prg destinano ad area agricola di pregio. Rimarrebbe inoltre ignoto il destino della zona oggi occupata dall'ospedale, con ogni probabilità condannata a trasformarsi in un vuoto urbano (...) La località proposta è isolata e male esposta, richiede necessariamente un'automobile per essere raggiunta e non offre alcun servizio complementare. Evidentemente c'è ancora chi pensa che una collocazione periferica e isolata, a mo' di moderno lazzaretto, sia l'ideale per un ospedale».
Poi non risparmia la stoccata sulla gestione sotterranea del caso ospedale: «Si apprende dalla stampa (vedi l'Adige dell'8 ottobre) che l'amministrazione era a conoscenza del progetto ancor prima che fosse ufficialmente presentato. La proposta sottintende quindi un accordo preventivo di carattere riservato tra un'amministrazione pubblica e un soggetto privato, violando i più elementari principi di trasparenza amministrativa e di partecipazione della cittadinanza».