Montagna / Strategie

Passo Lavazè, gli schianti di Vaia fermano le valanghe: la scelta che ha fatto risparmiare 2 milioni di euro

A cinque anni dalla tempesta, che ha devastato Fiemme più di ogni altra valle, l'iniziativa messa in campo sta dando i suoi frutti. È piaciuta anche all'Università di Trento, che con il Dipartimento di ingegneria ha effettuato dei rilievi dettagliati - mediante l'utilizzo di un drone - per studiare nel tempo come cambia l'orografia del terreno

VAIA La rinascita nei boschi trentini travolti

di Andrea Orsolin

PASSO LAVAZÈ. Sgomberare le piante cadute nei giorni di Vaia non è sempre la soluzione migliore, poiché dove il bosco scompare si aprono nuovi potenziali pericoli. Nell'area sopra la strada di Passo Lavazè - una ventina di ettari di terreno, nel bosco del Trozo Vecio - si è deciso di andare in controtendenza. Gli alberi schiantati sono stati lasciati a terra, per fungere da naturale barriera contro le valanghe e la caduta dei massi. A cinque anni dalla tempesta, che ha devastato Fiemme più di ogni altra valle, l'iniziativa messa in campo sta dando i suoi frutti.

È piaciuta anche all'Università di Trento, che con il Dipartimento di ingegneria (con la professoressa Maria Giulia Cantiani) ha effettuato dei rilievi dettagliati - mediante l'utilizzo di un drone - per studiare nel tempo come cambia l'orografia del terreno. Diventerà pure una nuova attrazione, visto che dalla primavera sarà percorribile il sentiero didattico che consentirà a chiunque lo vorrà di visitare l'area schiantata e seguire l'evoluzione dell'iniziativa, grazie anche all'utilizzo di pannelli informativi che rimandano a contributi multimediali.

A proporre l'idea, nel post Vaia, fu l'allora direttore dell'Ufficio Distrettuale Forestale di Cavalese, Bruno Crosignani. «Mi accorsi che non valeva la pena togliere quelle piante: fungevano da riparo naturale, inoltre c'erano già altre piantine che stavano crescendo. Se fossimo intervenuti, avremo solo fatto danni. Sono riuscito a convincere il sindaco di Varena Paride Gianmoena (ora di Ville di Fiemme, ndr) e la Commissione valanghe. Il Comune avrebbe ricavato circa 100mila euro dalla vendita del legname, ma così ha risparmiato i circa 2 milioni che sarebbero serviti per costruire nuovi fermavalanghe, oltre al costo del rimboschimento».

L'utilità dell'iniziativa non è ancora stata completamente testata, visto che gli ultimi anni sono stati generalmente poveri di neve. Quando l'anno dopo Vaia scese un metro e mezzo di neve, il fermavalanghe naturale funzionò. Un vero e proprio "crash test", però, non c'è ancora stato, anche se simili esempi in Svizzera e nel Cadore hanno dimostrato di essere efficaci.

29 ottobre 2018: il giorno di Vaia. Un inferno di vento, acqua e fango si abbatte sul Trentino

Nella serata del 29 ottobre 2018, un autentico uragano si abbatte sul Trentino: i suoi effetti sono devastanti. Milioni di alberi vengono spazzati via come fuscelli, decine di migliaia di ettari di bosco vengono rasi al suolo, i torrenti esondano e si trasformano in colate di fango. Una di queste, a Dimaro, inghiotte Michela Ramponi. È una delle due vittime di Vaia: l’altra è Denis Magnani, colpito da un fulmine. Furono giorni tristi per le nostre comunità, ma fu anche un momento in cui il Trentino diede il meglio di sé. Le ferite di Vaia sono ancora visibili, ma la ricostruzione continua.

Oltre che per le valanghe, gli alberi a terra bloccano la caduta di sassi sulla strada sottostante, dove in ogni caso il Servizio strade ha costruito dei paramassi per bloccare le cadute nella fascia posta immediatamente sopra la strada. L'iniziativa porta benefici anche dal punto di vista naturalistico, essendo diventata un tranquillo rifugio per animali, volatili compresi. Lo studio dell'Università, di cui si accennava prima, proseguirà anche in futuro, per osservare pure l'effetto del deperimento del legname, visibile nel lungo periodo.

A cinque anni dalla catastrofe, la val di Fiemme sta ora facendo i conti con l'epidemia di bostrico, il coleottero che ha trovato nella foresta indebolita dalla tempesta (attacca quasi esclusivamente le piante di abete rosso) il terreno adatto per proliferare.

«Non ci aspettavamo un fenomeno così grande - afferma Crosignani - Abbiamo immediatamente ripristinato le strade forestali per consentire alle ditte boschive di procedere con il recupero delle piante, ben conoscendo il rischio bostrico. Il clima benevolo degli ultimi anni ha però dato maggiore forza all'insetto: se non cambierà, esso continuerà a far danni. Rispetto ad altre aree la val di Fiemme, regno dell'abete rosso, è la più colpita. Per questo il nostro bosco farà più fatica a riprendersi».

Nei giorni dell'anniversario di Vaia, la ferita continua a fare male. «In questi anni ho cercato di lavorare senza pensarci troppo - racconta Crosignani - Se devo trovare un aspetto positivo, è l'entusiasmo con il quale i nostri operai si sono dedicati al ripristino. Hanno sentito l'importanza del loro lavoro».

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