Il pastore Ruggero, dal Lusia alla Pianura, per la quarantaseiesima volta («ma questa è l’ultima»)
Divan, il popolare «Baio», una vita con le greggi: «Ho 65 anni, è sempre più dura. Ma due giovani mi hanno chiesto una mano, li aiuto volentieri. Il mestiere? Durerà, finché ci sono i contributi»
CAVALESE. Ruggero, ma non doveva essere quella dell'anno scorso, l'ultima transumanza? «Due ragazzi mi hanno chiesto di insegnare loro il mestiere, così alla fine ho deciso di partire anche questa volta. Che sarà davvero l'ultima».
La prima migrazione verso le pianure, per il pastore cavalesano oggi 65enne, fu nel 1977. A parte un anno trascorso in naja, tutti gli inverni ha condotto il suo gregge dalle montagne fiemmesi fino al mare Adriatico. Ieri si trovava ad Onè di Fonte, paese vicino ad Asolo, in provincia di Treviso, zona da cui proviene uno dei due giovani che lo stanno accompagnando nella sua transumanza. Si tratta di Leonardo Parolin, che compirà 17 anni in luglio. Assieme a lui c'è anche Elia Peroncin, varesino di 27 anni.
Ruggero Divan d'estate porta le sue bestie sulle montagne del Lusia, sopra Bellamonte, nei pascoli di proprietà della Magnifica Comunità di Fiemme e del Comune di Cavalese. Verso metà novembre (quest'anno un po' più tardi, per via dell'insolito caldo) parte da Cavalese con il suo gregge - mille pecore, cinquanta capre e una ventina di asini - e vi fa ritorno ai primi di giugno. E poi riparte per l'alpeggio in montagna.
Qual è la strada che percorre?
«Dopo essere partito dalla val di Fiemme scendo per la Valfloriana, poi passo per il pinetano, Pergine e la Valsugana. Da lì transito per la fascia pedemontana del Grappa, vado ad Asolo e arrivo fino a Castelfranco. In primavera giungo sulle rive del fiume Piave, dove si taglia la lana e poi si fa ritorno a casa. In passato sono arrivato anche fino al mare, fino a Caorle in passato, e poi via verso il fiume Livenza e il Friuli. Ora il percorso è un po' cambiato».
Com'è cambiato lei, Ruggero, in tutti questi anni?
«Ogni anno si fa sempre più dura. Invecchio, dopo tanti chilometri a camminare la stanchezza si fa sentire. Ma c'erano questi due ragazzi che volevano provare il mestiere, così ho deciso di andare avanti anche quest'anno».
Cosa la ha spinta a diventare un pastore?
«Venivo dal niente. Avevamo sempre un po' di animali a casa, vedevo gli altri pastori e mi piaceva osservali. Con un mio amico abbiamo deciso di provarci, avevamo 18 anni. Lui dopo un paio di mesi ha deciso di lasciare, io dopo 47 anni sono ancora qui. Sono uno dei più vecchi a fare questo mestiere».
Ha ancora un futuro, questo mestiere?
«Andrà avanti fino a che verranno pagati i contributi per fare questo lavoro. Questo non è un lavoro per tutti: io non sono sposato, non ho famiglia, non faccio mai festa. Si lavora tutti i giorni, senza giorni di ferie. Ma non mi lamento di questa vita».
Le nuove generazioni porteranno avanti il rito della transumanza?
«I vecchi facevano i pastori per passione, ora i giovani lo fanno per guadagnare, e li capisco. Però in questo lavoro devi mettere davanti la passione ai soldi: sono molti quelli che cominciano e poi si stufano».
Come funziona la giornata di un pastore transumante?
«Di giorno si va a piedi con le pecore, fermandosi nei prati per farle pascolare. Di notte si dorme in un camioncino, che ci portiamo dietro durante tutto il percorso».
Chissà quante amicizie si è fatto, in 46 transumanze…
«Ho conosciuto tante gente. Molti sono curiosi, vengono a vedere gli animali, ti fanno tante domande. C'è chi ti porta da bere e da mangiare. Sapessi quanti panettoni ho mangiato!»
La fotografa Valentina Musmeci l'ha seguita durante la sua discesa verso la pianura. Ne è nato un libro e una mostra, che hanno lo stesso nome: "Un anno col Baio". Le è piaciuto farsi fotografare?
«A me non interessa apparire. In fin dei conti non ho mica fatto chissà cosa. Fare il pastore è stata la mia vita, quello che mi sempre piaciuto fare. Chi mi conosce sa che persona sono, del pensiero degli altri me ne frego».
Domani dove sarà diretto, Ruggero?
«Vediamo cosa fa il tempo. Ho sentito amici pastori del padovano che dicono ci sia nebbia. Con la visibilità limitata è un casino spostarsi, serve stare attenti alle macchine e a tutti gli attraversamenti».
FOTO Mauro Morandini Panet