Sèn Jan, l'imbrattatore di tombe viene scagionato dal Ris di Parma
Nell’ottobre scorso decine di tombe danneggiate, e atti sacrileghi, con escrementi e urina. Un caso che fece scalpore, ma la persona indagata non c’entra. Negativo il confronto tra il dna del soggetto e le tracce biologiche trovate sul posto
TRENTO. Nella notte fra il 20 ed il 21 ottobre dello scorso anno mani ignote devastarono il cimitero della pieve di San Giovanni, a Vigo di Fassa. Non si trattò solamente di volontà di danneggiare, perché chi agì in quel modo offese il culto dei defunti e la fede delle persone: tracce di urina e di escrementi vennero trovate ovunque.
Per quell'episodio, che lasciò sotto shock la comunità, venne segnalato all'autorità giudiziaria un uomo che - secondo gli inquirenti - avrebbe agito in preda ad un raptus. Ma la stessa persona indagata, che si è sempre dichiarata estranea alle accuse, è stata scagionata grazie alle analisi dei carabinieri del Ris: la comparazione fra le tracce biologiche repertate al cimitero di Sèn Jan e un campione ematico dell'uomo ha dato esito negativo.
«Il procedimento è stato definitivamente archiviato» spiega l'avvocato Luca Conti di Milano, che precisa: «La persona indagata su cui si erano attenzionati gli investigatori non è un soggetto disturbato e con problemi, come era stato descritto, ma una persona perbene, che ha un lavoro che non lascia dubbi sul fatto che sia uomo equilibrato. L'esito delle analisi conferma la sua estraneità alle accuse».
Danni e imbrattamenti.
Decine di lapidi e tombe vennero danneggiate: per dare l'idea della devastazione compiuta al cimitero basti pensare che i carabinieri impiegarono tutta la mattina per effettuare il sopralluogo, stilare i danni ed effettuare prelievi ai fini dell'indagine. Nell'acquasantiera vennero trovati escrementi, con i quali erano state tracciate croci sulle pareti esterne, mentre tracce di urina furono rinvenute sugli scalini della vecchia cappella, all'interno della quale mani ignote accesero un falò. Ci fu, insomma, un accanimento.
L'indagine.
Vennero sentiti testimoni e analizzate le telecamere della zona. «Le indagini condotte dai carabinieri del nucleo operativo della compagnia di Cavalese e della stazione di San Giovanni di Fassa - evidenziava l'Arma in una nota diffusa alcuni giorni dopo - hanno escluso che la vicenda possa essere correlata a strani riti o a gruppi giovanili "deviati" e tantomeno che possa essere ricondotta a dissidi privati (ripicche di natura personale) o di discriminazione religiosa». Gli investigatori concentrarono la loro attenzione su un soggetto, che non vive in paese: da semplice sospettato è stato poi indagato per vilipendio alle tombe, vilipendio alla religione, danneggiamento seguito da incendio. L'uomo ha acconsentito ad un prelievo ematico per procedere al confronto del proprio Dna con il materiale biologico trovato nel cimitero.
L'analisi tecnica.
La procura di Trento si è rivolta ai carabinieri del Ris di Parma, esperti in investigazioni scientifiche: la comparazione ha avuto esito negativo. Nessuna prova della responsabilità dell'uomo nei danneggiamenti: il fascicolo aperto con il nome del sospettato è stato chiuso, archiviato. Chi è stato dunque a compiere quella devastazione? Il sospetto è che ad agire sia stata più di una persona.