Montagna / La storia

Dopo una vita al rifugio Gardeccia, Marco Desilvestro si riposa: «Dopo 63 anni, adesso smetto»

La prima volta aveva una settimana di vita, e lo portò su la mamma: da allora è diventato il gestore storico. Ma adesso: «fra clienti che ti mettono in croce e personale che non si trova. Vado via alleggerito»

di Flavia Pedrini

SEN JAN. La prima volta che ha messo idealmente piede nel rifugio Gardeccia, Marco Desilvestro, aveva pochi giorni di vita: «Mia mamma mi ha portato qui che avevo una settimana». E da allora non se ne è più andato. Ecco perché il termine "gestore", per raccontare gli anni - sono 63 - trascorsi in questo angolo di paradiso, nel cuore del Catinaccio, disegnano un confine troppo stretto: «Non so cosa significhi gestire, io sono praticamente nato qua. Sono entrato in società 45 anni fa e poi, ad un certo punto, i nostri genitori hanno lasciato e sono diventato il responsabile. Ma quel passaggio non ha avuto un significato particolare, se non burocratico. È stata una progressione. Questa è casa mia da sempre».

Al Gardeccia si è appena chiusa la stagione estiva, iniziata il primo giugno e per Marco Desilvestro questa sarà l'ultima. Va in pensione? «Pensionato lo sono già da qualche anno. Diciamo che da domani smetto di lavorare. Poi troverò qualcosa di leggero per passarmi il tempo», sorride.

Ma la gestione resta saldamente nelle mani della famiglia Desilvestro, che nel 1902 ha fondato il rifugio (fu costruito da Giuseppe, detto "Bepo di Medil"): le redini saranno nelle mani di Mario, fratello di Marco e dei suoi figli, Simone e Giuseppe. Vita e lavoro si sono mescolati. Per questo fare un bilancio dei decenni da gestore appare un'impresa quasi impossibile. Così come quella di immaginare un'esistenza lontana dalla montagna, vissuta anche da membro del Soccorso alpino: «Sono partito così e non ho mai pensato a fare altro - racconta. - Ora sono arrivato in un punto in cui l'età avanza ed è diventato tutto più difficile».

In quel "tutto" ci sono le incombenze burocratiche, ma anche un modo diverso di vivere la montagna da parte di chi arriva in un rifugio. Desilvestro cita i clienti - «tra intolleranze e richieste varie ti mettono in croce» - ma anche il personale, «difficile da trovare e poi da gestire».

Il bilancio, però, resta positivo. Se guarda indietro, pure nella fatica degli ultimi anni, Marco Desilvestro, ha di che sorridere. «Certamente è positivo - conferma - Questa estate, quando dicevo alle persone che conosco, che sarebbe stata l'ultima stagione, mi chiedevano: "Come mai, tu devi rimanere". Questo è il riconoscimento di quello che io ho costruito in questi anni. Se tanta gente lo ripete, significa che si è fatto bene».

Per questo, l’ultima non è una giornata malinconica: «Me ne vado alleggerito dalle difficoltà e va bene così». E da domani, che farà? «Quello è il problema minore», dice con una risata. Anche se in ballo c'è già un ritrovo con due cari amici. E a chi sentirà la nostalgia dello storico gestore del Gardeccia, risponde sicuro: «Chi vuole vedermi potrà venire a trovarmi a casa (abita a Muncion ndr) o in cima al Catinaccio. Sono ben disponibile».

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