Cimego memoria "centrale"
“Fermare la memoria”. Questo l’imperativo del documentario “Le storie della centrale”, proiettato in anteprima a Cimego domenica in un pomeriggio. Alla proiezione presenti molti paesani, e quasi tutti i protagonisti, a partire da Lorenzo Cattani (dirigente Hydro Dolomiti Enel) , passando per Bruno Beltramolli (responsabile per anni della centrale di Cimego), Corrado Franceschini (a lungo capo prima di Beltramolli), Adelfo Zulberti e moglie (lui motocarrista durante la costruzione, lei vivace interlocutrice nel film), tutti autori della loro storia, insieme a Gianfranco Miglio, storese d’adozione e milanese d’origine che nel 1956, quando la centrale di Cimego entrò in funzione, era titolare dell’unica grande indussria del Chiese: la Sapes. In realtà la centrale (con le turbine Pelton più grosse del mondo all’epoca, costruite in Svizzera e portate a Cimego divise in tre pezzi e assemblate qui) la sua energia la lanciava verso la pianura, verso le città e le fabbriche che cominciavano a mangiare energia per alimentare la produzione del boom economico. Altra curiosità: l’albero per far funzionare le turbine è un pezzo unico del peso di 1.250 quintali, trasportato da Torino. “Dovettero rinforzare i ponti per farlo passare”, ricorda Franceschini. Il film (finanziato da Hydro Dolomiti) non è solo agiografia. Fra le testimonianze ci sono anche quelle degli ambientalisti, e questo (in considerazione di chi ha messo i soldi)significa che c’è stato coraggio. Il biologo Bruno Maiolini ed il rappresentante di Legambiente non possono esimersi dal far notare che l’energia derivante dall’acqua è pulita, ma le conseguenze per i fiumi non sono proprio indolori. Come dire? Grandi benefici globali, squilibri locali. Ci sono voluti anni e discussioni per arrivare al 2000, quando fu stabilito il deflusso minimo vitale nel Chiese, che comunque non salva fauna e flora dagli sbalzi di portata. Certo, la centrale (inserita nel sistema di dighe e centrali della valle, che comprende il lago di Bissina, la centrale in roccia di Boazzo, inaugurata nel 1958, il bacino di Morandin, la centrale di Storo, inaugurata nel 1960) ha significato (lo racconta il film) l’uscita dalla civiltà contadina e l’ingresso nell’era industriale. “In paese - commenta Zulberti - abbiamo trasformato le stalle in garage”. Insomma, il film è piaciuto ai cimeghesi, anche per le immagini, pulite e suggestive, e Riccardo Tamburini (il giovane regista, giunto alla terza opera) si è detto lusingato, come del resto Stefano Luchini (autore dell’idea) ed il sindaco Carlo Bertini.
Il trailer del film è visibile nel link
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