I cani al freddo, uomo a processo La difesa: nessun maltrattamento

Imputato il proprietario del gregge

Troppo freddo per i cani, senza riparo in pieno inverno nei pascoli sopra Fiavè e il proprietario finisce a processo con l'accusa di maltrattamento di animali.

Imputato è un 35enne della Valle dei Laghi che però nega di aver maltrattato i cani. Ricevuto il decreto penale di condanna, il proprietario degli animali - difeso dall'avvocato Claudio Tasin - ha presentato opposizione deciso ad affrontare il dibattimento per ottenere l'assoluzione. Il processo sib terrà di fronte al presidente della sezione penale del Tribunale Giuseppe Serao.

Tra i testimoni la difesa ha citato anche un professore milanese esperto in pastorizia. Il consulente di parte dovrebbe confermare, a sostegno della difesa, che cani da pastore, abituati a vivere in montagna con le pecore, possono stare all'aperto anche in pieno inverno, anche a 7 e più gradi sotto lo zero. 

Di certo faceva freddo quando la mattina dell'8 gennaio scorso due guardie zoofile dell'Ente nazionale protezione animali salirono in località Valec di Stumiaga per verificare lo stato di salute dei cani.

Pare che le due guardie di siano mosse in seguito ad una segnalazione anonima.

Nel successivo verbale di sequestro di due dei tre cani, affidati in custodia al canile di Rovereto, si sottolinea che gli animali erano senza cibo, senza acqua, uno era legato ad una catena lunga solo 120 centimetri.

Inoltre erano esposti alle intemperie e ad una temperatura che al momento della verifica era di 7 gradi sotto lo zero.

Di notte però la temperatura scendeva ancora. Un pensiero va anche al povero pastore romeno che dormiva in una roulotte vecchia e malandata, pure lei gelida visto che quella mattina era un bozzolo di brina.

A finire a processo non è stato il pastore romeno ma il proprietario del gregge il quale respinge tutte le accuse.

I cani, sottolinea la difesa, erano in buone condizioni fisiche: in proposito si richiama quanto avrebbe confermato anche un veterinario. Gli animali erano regolarmente registrati all'anagrafe canina con tanto di microchip. «Il mio assistito - sottolinea l'avvocato Tasin - è costretto a combattere con l'orso che decima il gregge, con le morti naturali, con una vita dura anche per lui, a questo si aggiunge l'occhio a nostro avviso troppo severo delle guardie zoofile». 

La parola ora passa al giudice.

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