Lodrone: 3 milioni per un ponte inagibile I Tir non passano e nessuno sa cosa fare
«Chiamate il Gabibbo. Chiamate le iene». Ormai è l’esclamazione tipica di chi vede (o pensa di vedere) uno scandalo più o meno grande. E questa è l’esclamazione più diffusa in questi tempi a Ponte Caffaro.
Lo scandalo (o presunto tale) riguarda il secondo ponte, quello nuovo, realizzato da mesi ma ancora chiuso, perché i camion (e le corriere) non riescono ad affrontare la curva a gomito alla fine delle spallette.
Partendo dall’inizio, il confine fra Trentino e Bresciano è definito da un ponte storico, che (proprio perché è storico) era stato costruito per sostenere il peso di carri e cavalli.
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Già qualche violenza la subì durante la Grande Guerra, dopo il 24 maggio del 1915, quando ci passarono i cannoni. Adesso, con il traffico che lo attraversa (7.000 veicoli, un terzo dei quali pesanti, con punte di 13.000 al giorno) e con l’età che avanza, il ponte è indiscutibilmente inadeguato. Problema che si pensò di risolvere con i fondi dei Comuni di confine, fra l’altro creati dopo una battaglia proprio dell’ex sindaco di Bagolino Marco Scalvini.
Fra le tante opere spuntò la rotatoria al ponte, per risolvere i problemi di circolazione. Il ponte attuale (oltre ad essere bolso per l’età) è pure stretto: quando si incrociano due autotreni devono affrontarlo uno alla volta. Per questo si progettò un altro ponte. A nulla era servita in quella fase la richiesta del Comune. Il vicesindaco di Bagolino, Giorgio Pezzarossi, è in pratica il sindaco di Ponte Caffaro: la frazione dista dal capoluogo una dozzina di chilometri e si sente molto autonoma.
Fu Pezzarossi a spingere perché si facesse sì un secondo ponte, dopo che i tecnici avevano stabilito l’impossibilità della rotatoria, ma attaccato al primo. Non se ne parla: il secondo ponte è stato invece fatto a distanza di una ventina di metri a valle del primo, paralleli.
Ciò comporta di fatto quattro angoli retti: in arrivo da sud, in viaggio verso nord, svolta a destra, quindi svolta a sinistra per salire sul ponte nuovo, infine svolta a destra per andare verso Baitoni o a sinistra per andare verso Trento e ancora svolta a destra per immettersi sulla Statale del Caffaro; in arrivo da nord via diritta se si deve andare verso Brescia, ma complicazione se si deve andare a Baitoni: svolta a sinistra (sempre ad angolo retto) dopo il ponte vecchio, svolta ancora a sinistra per imboccare il ponte nuovo, svolta a destra per andare verso Baitoni. Capito niente? L’unica è provare, quando si potrà!
Il guaio è che con la larghezza del ponte vecchio, chi scende da nord (in particolare i mezzi pesanti) , una volta attraversato il ponte non riesce a girare verso il ponte nuovo. Senza contare che (stravaganza nella stravaganza) è stato costruito un muro alto fino a tre metri alla distanza umiliante di un metro dalle finestre di una abitazione per permettere alla strada verso il secondo ponte di salire; questo in via San Valentino, nella parte bresciana. E senza contare (altra perla, stavolta in terra trentina, sull’argine sinistro del torrente Caffaro) una serie di dossi che rendono perlomeno singolare via Campini.
Risultato finale: così com’è, nonostante la spesa di tre milioni e più di euro, il ponte nuovo è intransitabile.
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Che fare? Le discussioni si sono sprecate fra Comune, Sovrintendenza ai Beni culturali ed architettonici di Brescia, progettisti, impresa e persino Università, perché il ponte vecchio è sotto due Sovrintendenze ai Beni culturali: Brescia (che vigila) e Trento (che per ora non dice nulla). Come il Comune di Storo, che ha guardato finora la questione con nobile distacco.
Se in un primo tempo la Sovrintendenza bresciana si era opposta vivamente all’idea di togliere di mezzo il ponte vecchio, ora si rema nell’incertezza. Come spiegano sindaco e vicesindaco di Bagolino, Gianluca Dagani e Giorgio Pezzarossi, «i rapporti si stanno allargando anche all’università di Brescia per trovare una soluzione». Le ipotesi sul tappeto sono più d’una. «Il Comune - sostengono i due amministratori - vorrebbe un ponte nuovo, magari più largo, al posto di quello vecchio, e così avremmo risolto il problema del transito». Ma c’è un ma. Che farne del ponte storico?
Come detto, c’è più di una soluzione allo studio. Prima: spostarlo a monte di qualche decina di metri. Seconda: toglierlo e sistemarlo da qualche parte. Quindi il ponte vecchio (stretto e pericolante, ma con il profumo della storia austro-ungarica) potrebbe fare il monumento in un parco giochi o nell’area sportiva. E al suo posto potrebbe sorgere un altro ponte, largo come si conviene nel terzo millennio, così da far passare senza angustia i camion e le corriere.
Una domanda si aggira per la valle: chi paga?