Marco Cozzio da zero a mille metri senza una gamba si può eccome
Sedici operazioni e due amputazioni alla stessa gamba. Accadeva dal 2003 e per quasi un quinquennio. Da zero a mille, a picco sul mare, è accaduto sabato scorso, sulla vetta che si eleva ad oltre 1001 metri di altitudine sopra le Terme di Acquasanta, vicino a Genova. Sono le scalate di Marco Cozzio, 44enne di Spiazzo, che sedici anni fa perse la gamba sinistra dopo un terribile incidente: lui appassionato di volo e velocità, costretto a cambiare la sua vita. Anzi no. A volare ci è tornato e pure in sella ad una motocicletta con la sua Aprilia automatica con la quale gira tutta l’Europa. A parlarci è un uomo sereno e tranquillo, orgoglioso dell’ultima piccola, grande impresa. Pochi giorni fa infatti Marco ha partecipato alla sua prima corsa in montagna, la «Vertikal Punta Martin», assieme ad altri venti fra uomini e donne accomunati dal fatto di aver perso un arto. Proprio per loro era infatti organizzata questa edizione speciale della «Vertikal Punta Martin», corsa che per atleti normodotati è giunta alla sua ottava edizione.
Un evento unico, una corsa per dire che la vita dopo un’amputazione può ricominciare, diversa magari, ma bella, libera, vivace. Un evento sportivo nato da una tragedia, quella del Ponte Morandi: «Genova quest’anno quasi ha subita un’amputazione gigantesca che l’ha divisa, come la vecchia Berlino anni ’50,in due nuclei Ovest e Est - spiega il Comitato Organizzatore, presieduto da Alessio Alfier del Gruppo Sportivo Dilettatistico Eurobike Swim&Run - Lo scorso anno, mentre stavamo tracciando la linea perfetta verso la vetta, abbiamo avuto un’idea: creare una Vertikal Experience for the amputees - special edition. Poi il succedersi degli eventi ci ha fatto prendere la decisione che quest’anno il nostro Vertikal sarebbe stato dedicato solo a persone amputate che avrebbero voluto mettersi alla prova calpestando il sentiero della Direttissima».
Così una ventina di corridori, fra cui Marco alla sua prima esperienza di corsa in montagna, e un altro trentino Gianluigi Rosa, perno difensivo della nazionale italiana di ice sledge hockey, sono scattati verso il cielo, roccia dopo roccia, affiancati ognuno da un accompagnatore messo a disposizione dagli organizzatori che conosceva percorso e terreno. Al fianco di Marco c’era anche Margherita, la sua ragazza, che ha acettato con lui l’invito a partecipare alla corsa arrivato da Moreno Pesce, capitano del «Team tre gambe»: «Ci siamo trovati alla mattina - racconta Marco - c’erano i bambini che ci hanno accompagnato per i primi cinquecento metri, un’accoglienza strepitosa». Il tempo massimo erano 4 ore, ma ci hanno messo tutti meno: non era una gara, ma una corsa per dire che si possono superare le difficoltà, una lezione che tutti i corridori della Vertikal Experience for the amputees hanno già imparato e qui, correndo fino in cima, hanno solo voluto mostrare a tutti noi. «I primi anni non sono stati facili, ho avuto anche delle complicazioni, ho fatto un paio di anni di ospedale, poi sono uscito e poi ancora sono dovuto rientrare - ricorda i primi tempi dopo l’incidente Marco Cozzio - ma con la mia forza di volontà sono andato avanti. Ho comperato la moto automatica, sono tornato anche sul parapendio e ora mi sono visto capace di salire una montagna fino a mille metri a picco sul mare. Fatte queste cose uno si rincuora perché si vede molto più forte, più indipendente, è stata un’esperienza fantastica. L’ho fatto anche per lanciare un messaggio ad altra gente amputata che magari si fa dei problemi, e invece deve riuscire a tornare a partecipare».