Abbattere tanti cinghiali per prevenire la peste suina: c'è l'ok della Provincia
Peste suina, prevenire la malattia attraverso il controllo dei cinghiali. Lo assicura la Giunta provinciale, che ha approvato, su proposta dell’assessore Giulia Zanotelli, l’istituzione di un tavolo provinciale “per prevenire l’ingresso della peste suina africana (Psa) sul territorio trentino”.
Fenomeno preoccupante? Intanto si registra la diffusione della malattia (che colpisce maiali e cinghiali) nell’Est Europa. Recentemente è stato individuato qualche caso in Belgio e Germania.
“I rischi connessi all’eventuale introduzione della Psa in Trentino – commenta l’assessore - impongono l’assunzione di misure preventive di ampia portata sotto il profilo sanitario, anche attraverso il coinvolgimento di tutti i soggetti interessati”.
La peste suina, stando agli esperti, “è una malattia virale, contagiosa e ad alta letalità che colpisce suini e cinghiali. Ha un vasto potenziale di diffusione: un’eventuale epidemia potrebbe ripercuotersi pesantemente sul patrimonio zootecnico suino con danni ingenti, sia per la salute animale che per l’intera filiera. La trasmissione della malattia da un animale malato ad uno sano può avvenire in maniera diretta per contatto tra animali, oppure in maniera indiretta (ingestione di alimenti oppure attraverso attrezzature e indumenti contaminati)”.
Fondamentali, come dicono in Provincia, le misure di bio-sicurezza adottate negli allevamenti di maiali. Il Piano di sorveglianza e prevenzione emanato nel gennaio scorso dal Ministero della Salute “non appare determinante ad introdurre significative novità rispetto alla disciplina esistente”, lamentano in Provincia.
Ma veniamo al cinghiale, il cui contenimento sul territorio provinciale “rappresenta una misura che consente di ridurre la probabilità di introduzione e diffusione della malattia”. L’assessore Zanotelli, come detto, ha previsto l’istituzione di un tavolo provinciale ad hoc che coinvolgerà i Dipartimenti Salute e politiche sociali, Agricoltura, Protezione civile, foreste e fauna, per la necessaria programmazione ed esecuzione delle misure di prevenzione dell’infezione. “In raccordo con i Ministeri competenti – scrive la Giunta provinciale - individua le azioni da attuare, anche in considerazione del fatto che la posizione geografica del Trentino consentirebbe di sperimentare azioni tali che (garantendo l’immunità del territorio dall’espandersi della malattia) porterebbero al mantenimento di una fascia tampone rispetto al centro Europa”.
Per uscire dal linguaggio ovattato degli uffici, “fra le azioni più significative, si ribadisce la necessità di ridurre gli esemplari di cinghiale in Trentino. Per questo, il Tavolo individua le azioni più efficaci da mettere in campo e ne promuoverà la realizzazione assieme a tutti i soggetti interessati”.
Insomma, non si dice ma si pensa, stavolta la caccia al cinghiale (animale introdotto abusivamente nel basso Trentino, in particolare in valle del Chiese, dai cacciatori in cerca di emozioni forti) verrà fatta seriamente. Sarà così? Non è una speranza, ma molto di più, per chi ha orti e pascoli sulle montagne del Chiese.
A rafforzare l’intenzione c’è l’ordinanza dei giorni scorsi, in cui il presidente della Provincia ordina che “l’attività di controllo del cinghiale (per controllo ci si riferisce ad abbattimento, ndr) sia consentita anche nel periodo che va dalle ore 22 alle ore 5 del giorno successivo”, orario nel quale secondo il Decreto del presidente del Consiglio del 3 novembre 2020 “sono ammessi soltanto gli spostamenti motivati da comprovate esigenze lavorative, da situazioni di necessità ovvero per motivi di salute”. In questo caso la salute pubblica appare indiscutibile.