Confine chiuso fra Caffaro e Storo: i sindaci sul ponte per protestare
Esasperazione? Rabbia? C’era (e c’è) un po’ dell’una e un po’ dell’altra fra i commercianti che hanno dato vita ieri mattina alla manifestazione di protesta sul ponte di Caffaro. Sì, il ponte che unisce (univa) Trentino e Lombardia, con l’Italia a colori divide: da una parte i gialli (noi), dall’altra gli arancioni, che non sono (nota per i reduci degli anni Settanta) i seguaci di Bhagwan Rajneesh, ma i lombardi.
Per quanto sgangherato e stretto, il vecchio ponte (nato nel 1906) ha una funzione unica: fa passare 7.000 veicoli al giorno, perché collega la Pianura Padana alle montagne: le città agli impianti di sci.
Ma ai commercianti della zona interessa soprattutto che faccia passare i clienti di questi paesi: da Lodrone, Darzo, Storo, Baitoni e Bondone a Ponte Caffaro e Bagolino, e viceversa. E ovviamente non solo ai commercianti: basso Chiese ed alta valle Sabbia hanno una compenetrazione molto più che secolare. Senza andare troppo lontano nella storia, donne bresciane sposate in Trentino, studenti bagossi (di Bagolino) a scuola nelle Giudicarie, operai ed impiegati valsabbini nelle fabbriche e negli uffici chiesani. Senza contare le centinaia di consumatori che il martedì vanno a Ponte Caffaro, al mercato settimanale. Insomma, ce n’è abbastanza per colpire l’immaginario (e pure il portafoglio) di questi paesi.
Una trentina di commercianti hanno firmato nei giorni scorsi una lettera di invito alla popolazione e alle amministrazioni comunali per la manifestazione domenicale. E l’adesione è stata massiccia, alla faccia del tempo scoraggiante. Poco meno di 300 persone hanno gremito il ponte, finché non sono arrivati i carabinieri e la polizia locale della valle Sabbia a liberare l’arteria.
Sarà pure stata una manifestazione non autorizzata, ma ad accompagnare i loro censiti c’erano i sindaci di Bagolino, Gianzeno Marca, e di Storo, Nicola Zontini, con tanto di fascia tricolore, i quali hanno sottolineato la loro vicinanza alla propria cittadinanza. Anche se (lo hanno sottolineato all’unisono) non possono fare nulla. Il fatto è che né le Province, né le Regioni possono fare nulla, essendo il passaggio da regione a regione competenza dello Stato.
Per parte loro, i commercianti hanno redatto un documento, accorato, per non dire disperato. Lo legge una commerciante caffarese. «Siamo qui uniti, e questo è importante, per rappresentare tutte le attività commerciali e di ristorazione di Ponte Caffaro», proclama con la voce che si libra nel cielo imbronciato. «Non ci sono differenze: siamo tutti insieme con un unico scopo! La chiusura dei confini sta causando a tutti noi un forte danno economico, e il prezzo da pagare è e sarà davvero troppo alto! Siamo allo stremo delle nostre forze», esclama. E poi: «La nostra economia è assolutamente legata, quasi dipendente dalla clientela trentina che si trova a pochi metri da noi, appena di là dal ponte».
Conclusione: «Siamo qui a chiedere l’apertura della regione; siamo qui a chiedere fortemente l’apertura con i due comuni trentini limitrofi (Storo e Bondone, ndr), sempre ed assolutamente nel rispetto delle norme sanitarie vigenti. L’apertura del confine è fondamentale per la nostra sopravvivenza e crediamo che sia fondamentale anche per i nostri colleghi trentini. Speriamo vivamente - chiude - che il nostro appello venga ascoltato da chi di dovere e accolto il prima possibile».
Intanto viene accolto dall’applauso dei presenti, prima che i carabinieri invitino la folla a disperdersi.
Situazione certamente complicata. Quando il ponte fu costruito, qui si faceva il contrabbando: d’altronde era il confine fra due Stati, l’Impero austroungarico e il Regno d’Italia. Hai visto mai che (a causa delle chiusure) si torni ai commerci clandestini?