Ferrazza, il cacciatore che guiderà il Parco, ma c'è una schiera di sindaci nei posti chiave
Vuoi vedere che sta tornando in voga il partito dei sindaci? Non se ne parlava da tempo immemore. Si era a cavallo fra la prima e la seconda repubblica quando i partiti storici stavano affannosamente arrivando all’eutanasia, più o meno assistita dalla magistratura, e le istituzioni si aggrappavano dove potevano.
E i sindaci si eressero ad ancore di salvezza in qualità di depositari delle chiavi della sicurezza e della salute pubblica.
Fu una stagione tutto sommato breve. Poi emersero altre figure: i partiti boccheggianti furono sostituiti da altri. E tutto tornò nella normalità. Ora stanno ricominciando a farsi sotto i sindaci pigliatutto, complici anche i “nuovi governanti” che danno loro corda.
Questo è il momento dei cambi al vertice delle istituzioni sovraccomunali, che parleranno il linguaggio dei sindaci. Lunedì 21 dicembre, solstizio d’inverno, Joseph Masè (anch’egli sindaco, almeno fino al settembre scorso) ha dato l’addio al Parco naturale Adamello Brenta. Chi lo sostituirà alla presidenza? L’Alta Rendena, che pare essere stata eletta (o si è auto-eletta?) dimora del Parco, starebbe spingendo per avere Walter Ferrazza, cacciatore (e per questo inviso ai protezionisti), che è sindaco di Bocenago ed è pure (con la laurea in ingegneria) capo dell’Ufficio tecnico del Comune di Pinzolo. In passato è stato addirittura (in una breve stagione governativa) sorprendentemente sottosegretario. Sarà lui il prescelto?
Un altro sindaco viene spinto (sempre dall’Alta Rendena, almeno così si narra) verso la poltrona di presidente del Bim del Sarca, dalla quale si vorrebbe far scendere Gianfranco Pederzolli, che appariva intoccabile fino a poco tempo fa. Al suo posto dovrebbe sedere Giorgio Marchetti, sindaco di Borgo Lares e decano dei sindaci delle Giudicarie.
Infine c’è il Bim del Chiese, che un sindaco alla presidenza lo ha già eletto. È Franco Bazzoli, primo cittadino di Sella Giudicarie, che però (va detto) è lì pro tempore, in attesa che i Comuni si mettano d’accordo sul da farsi.
Ma l’apoteosi si avrà con la Comunità di Valle. Il progetto delle nuove Comunità, di cui si favoleggia in attesa della legge che ne modificherà l’assetto attuale, dovrebbe prevedere una trasformazione in Conferenza dei sindaci. Ci fu il passaggio di cinque anni fa che spazzò via le Assemblee pletoriche con cento componenti come quella giudicariese: puzzava troppo di passato, era insostenibile, si faticava l’ira di Dio ad ottenere il numero legale (chiedere ai presidenti che si sono succeduti in oltre quarant’anni, da Fiorindo Malfer a Patrizia Ballardini, che dovevano telefonare ai consiglieri per costringerli ad arrivare a Tione).
Finita quell’era, è cominciata quella dell’Assemblea ristretta: da cento a sedici membri. Un vero “salotto della quiete”, soprattutto per i cronisti abituati a raccontare le epiche battaglie delle opposizioni della prima repubblica.
L’uomo della strada si pone domande: i sindaci non sono già oberati (almeno si lamentano così) per l’eccesso di burocrazia, per la gestione delle amministrazioni comunali diventata sempre più complicata? Eppure riescono a dedicare il tempo anche alle società ed agli enti sovracomunali? Un’ultima domanda: possibile che in bacini di migliaia di persone non si trovi qualcuno in grado di dedicare il tempo pieno ad istituzioni importanti? A meno che non si continui a ritenerle solo macchine erogatrici di denaro, anziché propulsori di idee e progetti per il futuro.