Bagolino, purtroppo salta ancora il Carnevale storico, terza edizione senza màscher né sunadòr e balarì
Il sindaco Marca getta la spugna: «Purtroppo non abbiamo le forze per i controlli della sicurezza Covid». E quindi ci mancheranno ancora i balli bagossi, che risalgono al Cinquecento
BAGOLINO. Via la mascherina. E via pure la maschera. Se il primo è vissuto come un gesto di liberazione, il secondo...
Lo sappiamo, stiamo per spararla grossa, ma lo facciamo lo stesso. Il resto del mondo non immagina la sofferenza dei bagossi di fronte al Carnevale sospeso per il terzo anno consecutivo. Non era accaduto nemmeno in tempo di guerra.Prova a stemperare il clima Gianzeno Marca: «Sarò il sindaco che passerà alla storia per non aver permesso il Carnevale».
Facciamo notare che a San Siro per Inter-Liverpool c’erano 38.000 persone, che le discoteche sono aperte... «Vero - rintuzza il sindaco - ma noi non abbiamo un dispiego di forze dell'ordine che ci permetta di controllare la situazione. Senta, io sono cresciuto a Bagolino e si figuri, per me è una cosa grave non fare il Carnevale. Cercheremo di organizzare qualcosa con i ragazzi».
Si ferma qua Marca, visibilmente imbarazzato.Bagolino, nella valle del Caffaro, ai piedi dei contrafforti meridionali dell'Adamello. Dal Cinquecento si celebra (il verbo non è forte) il Carnevale, un rito sentito da tutti. Non per niente qui si scandisce: «Le sante feste de Nadàl, le santissime feste de Carnaàl».
Non serve tradurre. Fino agli anni Settanta, festa chiusa per i bagossi (gli abitanti di Bagolino) residenti ed emigranti che tornavano apposta per le "santissime feste". Poi è arrivato il mondo. Non accolto benissimo, però il fascino del Carnevale di Bagolino aveva preso il volo verso le città lombarde e le vicine valli trentine.
L'inizio fu durissimo: cineprese e macchine fotografiche prese a cazzotti: «Cosa volete? Lasciateci in pace!».Alla fine anche il popolo bagosso si è adeguato a suo modo alla globalizzazione. Sia pure con qualche diffidenza. Verso quelli (roba degli ultimi anni pre pandemia) che arrivano in paese convinti di fare quello che vogliono, compreso strabere e spaccare bicchieri.
Ma cos'è il Carnevale di Bagolino? E' il rito, la tradizione. Il frastuono degli "sgàlbar" (gli zoccoli di legno) fra le case, inquietante perché accompagnato dalle urla in falsetto e dalle risate dei "màscher"; i cappelli addobbati dalla passamaneria e arricchiti dagli ori: un tempo erano gli ori di famiglia, esibiti orgogliosamente per distinguere i partecipanti al Carnevale, a costo di sacrifici.La parte nobile (se così possiamo definirla con termine ardito) del Carnevale è fatta dai "balarì", i ballerini, i quali danzano al suono dei «sunadòr», con violini e delle chitarre, i balli tradizionali: l'Ariosa, il "Bal francés", "Bosolù", "Pas de tac".
Divertono e si divertono. 120 "Balarì" e 16 "Sunadòr" allietano il paese secondo un rito antico. Il ballerino paga il suonatore per ballare: ordina la ballata davanti a casa sua o della morosa o degli amici più stretti. Qui ricordano che negli anni '60 si pagavano 500 lire a ballo. 120 ballerini significano come minimo 120 suonate, ma se uno ne ordina 3, il numero aumenta. Per questo, dopo la messa augurale delle sei del mattino del lunedì prima del Martedì Grasso, si balla per strade e piazze senza interruzione fino allo sfinimento: fino all'ultima Ariosa del martedì sera in piazza. Chi ha un bagosso in fabbrica o in ufficio sa che il mercoledì delle ceneri è giorno di ferie.Tutto ciò non ci sarà, stando alla voce del sindaco. Ma secondo gli amici del Carnevale non cambierà molto: «I visitatori verranno ugualmente, magari con la bottiglia nello zaino per non comperarla al bar. Due anni fa arrivarono 40 uomini della forza pubblica per il primo lockdown. Chiamiamone una parte per controllare sicurezza e green pass». Ma l'impressione è che sia una richiesta vana.